Di approcci alla scarpa da running ce ne sono ormai moltissimi: c’è chi corre ammortizzato, chi corre natural, chi corre perfino maximal.
A ognuno il suo gusto, si direbbe. Asics propone un approccio un po’ diverso: perché non correre con diverse scarpe in modo da differenziare gli allenamenti?
Ad ogni piede la sua scarpa, ad ogni allenamento pure
A prescindere dalla scarpa che ogni runner preferisce, dal tipo di fisico e dalla specialità (mezzo fondo, fondo, velocità), è importante differenziare gli allenamenti. Ormai si sa: per correre le lunghe distanze serve una scarpa con molta protezione ma serve anche allenare il piede e fortificarlo. Come farlo? Facendo allenamenti più brevi e mirati proprio alla costruzione della sua muscolatura e della sua capacità reattiva. Come? Caricandolo in maniera proporzionata: una scarpa eccessivamente ammortizzata funziona molto bene sulle lunghe distanze ma nel breve allenamento non permette al piede di sviluppare la muscolatura, lasciandolo troppo protetto e quindi “scarico”.
La risposta, secondo Asics
Asics dice: se corri le lunghe distanze usa una scarpa protettiva, ma se corri distanze inferiori o fai allenamenti più veloci e mirati puoi provare a variare scarpa, usandone una con feeling più natural: punta larga (per lasciare spazio alle dita), drop contenuto (differenza tacco-punta, qui di 4 mm).
Lo chiama “Mix Up Your Run”, una nuova filosofia di allenamento che suddivide la corsa in quattro categorie: run long, run natural, run fast e run tough (corsa lunga, corsa naturale, corsa veloce e corsa dura).
Le Asics 33-DFA sono più leggere e meno ammortizzate del solito, e così facendo ti tengono più vicino alla strada, lasciando il piede più libero di flettersi. Asics le consiglia soprattutto per gli allenamenti brevi e non per le lunghe distanze, a patto che tu non abbia già un piede forte e capace di resistere a sforzi prolungati.
Se vuoi sentire però la strada e soprattutto sentirti più in contatto con la natura dentro cui corri, le 33-DFA potrebbero essere la risposta che cerchi.
Non mi sembra che ASICS abbia avuto chissà quale idea rivoluzionaria. Un po’ tutti i runners poco più evoluti della media sanno che è importante allenarsi sui veloci con scarpe leggere e poco protettive. Personalmente uso Saucony Mirage (drop 4mm) per i veloci da 5 a 15km da 5 a 4’/km ed il drop contenuto si fa sentire soprattutto a beneficio dei tibiali.
Diciamo che Asics ha inserito in maniera organica i diversi modelli in un sistema non a comparti stagni: fino a qualche anno fa si usava sempre e solo una scarpa, ora si è capito che è più corretto variare. Non sono poi molti produttori a comunicarlo così: quasi tutti offrono – come Asics – le diverse tipologie, ma le destinano poi a consumatori diversi. Strategie di marketing ma anche presa di coscienza di un brand che i runner si sono evoluti e scelgono fra proposte molto diverse fra di loro.
È una lettura assai ottimistica delle buone intenzioni di un brand che a mio parere, come tutte le aziende, punta al fatturato prima del benessere, con la consapevolezza che (naturalmente) i due fattori sono proporzionalmente dipendenti. Io la vedo come una buona strategia, credibile, ma pur sempre strategia: soprattutto perché chi è al livello di allenamenti differenziati con scarpe diverse, sa già tutto ciò che c’è da sapere; gli altri continueranno a sbagliare. Sia chiaro, è solo il mio punto di vista e non voglio assolutamente polemizzare ma solo discutere. Purtroppo il tono dei messaggi non può essere esternato! :-)
Sul fatto che sia una strategia di marketing siamo d’accordo. Dovrebbe accordarsi poi con l’educazione al corretto utilizzo del corpo che un brand dovrebbe fare. Siamo d’accordo anche su questo, no?
Sul fatto che sia una strategia di marketing siamo d’accordo. Dovrebbe accordarsi poi con l’educazione al corretto utilizzo del corpo che un brand dovrebbe fare. Siamo d’accordo anche su questo, no?
Sul fatto che sia una strategia di marketing siamo d’accordo. Dovrebbe accordarsi poi con l’educazione al corretto utilizzo del corpo che un brand dovrebbe fare. Siamo d’accordo anche su questo, no?
Assolutamente d’accordo, dal concetto al condizionale sapientemente utilizzato. ;-)
;)