Non avevo mai riflettuto esattamente sul significato dell’espressione “sentirsela”. Normalmente le si assegna il senso di “Avere voglia o convinzione di fare qualcosa”, indicando implicitamente che quella cosa non è facile, richiede sforzo, richiede impegno.
Ci si può “sentire” di fare una gara, un allenamento, una conversazione che si sa già non essere semplice.
Si dice insomma “sentire” perché si sa che quella cosa ci provocherà qualcosa, a livello fisico o mentale. Qualcosa che esce dalla zona di comfort, qualcosa che ci destabilizza e che ci obbliga a trovare un nuovo assetto.
I limiti
Molto spesso questo “sentirselo” è dovuto al fatto che si va incontro a qualcosa i cui effetti non sono chiari. Prima di fare la tua prima maratona non sai esattamente di cosa si tratta, come ti sentirai. Ti puoi solo “sentire” di farla, perché hai seguito le tabelle giuste, hai mangiato bene, hai fatto il tuo dovere. Un insieme di valutazioni ti dà la sicurezza che – per quanto si tratti di un’esperienza ignota – hai la preparazione adeguata per affrontarla.
Poi ho letto una cosa che chiesero un giorno a Muhammad Ali. Gli chiesero quanti addominali faceva per prepararsi a un combattimento. La sua risposta fu:
“Non conto gli addominali. Inizio a contarli solo quando cominciano a farmi male. Quando sento dolore, è allora che inizio a contare, perché è allora che conta davvero”.
Ho pensato che è questo il senso più puro del “sentirsela”, cioè della percezione del disagio che dà prepararsi per qualcosa che esce dal nostro quotidiano, che richiede sforzo, che richiede fatica. Che merita di contare qualcosa.
Finché non fa male si è nel campo della quotidianità, delle cose che possiamo e sappiamo fare, senza sforzi particolari. Quando le percepiamo (le sentiamo) allora inizia a mutare qualcosa dentro di noi. Il limite fa male, il limite lo senti. Quando corri sul filo del tuo limite senti davvero la fatica che fai, altrimenti è un allenamento leggero o normale: utile a suo modo, ma che non ti porta in territori inesplorati.
Quello che conta è quello che senti
“Sentire” non è affatto un verbo scelto a caso: sentire vuol dire che percepisci il cambiamento, che lo intravedi oltre la fatica che stai facendo. Per cambiare stato, per avvicinarsi ai nostri limiti dobbiamo sentirli, dobbiamo faticare per superarli.
Questo atteggiamento insegna anche un’altra cosa: le cose che contano sono quelle che percepiamo e che ci segnano, ma sono anche quelle che ci elevano a nuove dimensioni. Per questo Ali usava il gioco di parole fra contare (nel senso di numerare mentalmente gli addominali che faceva) e contare nel senso di “avere importanza”. Ciò che ha importanza è ciò che richiede sforzo, altrimenti è solo la manifestazione di qualcosa che già sai fare, che non ti eleva, non ti cambia, non ti fa crescere.
Quando corri – specie all’inizio – sperimenti cos’è quel confine. Per andare avanti devi sentirtela, per superare i tuoi limiti altrettanto. Solo così puoi esplorare nuove dimensioni della tua mente e del tuo fisico.
Non si tratta sempre di sofferenza, si tratta piuttosto di riconoscere in ciò che ti accade il valore che ha: conta? Allora ti sta modificando e aiutando a trasformarti.
Non conta? Allora non ti ha spostato da ciò che già sapevi, non ti ha insegnato molto. Ha un valore meno potente, insomma.
Quando ciò che fai “conta”, significa che ha un’importanza centrale, che ti sta cambiando, che ti sta portando oltre.
Dove? Lo sentirai.
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