Carlo Airoldi: Coraggio Olimpico

È l’aprile del 1896 e ad Atene tutto è pronto per una manifestazione che cambierà per sempre la storia dello sport. Di li a pochi giorni verrà inaugurata la pima edizione dei giochi olimpici.
Tra le gare previste ce n’è una che ha un fascino particolare, si tratta della Maratona che, sulle orme della storia, ripercorrà il tracciato reso famoso dalla vicenda di Filippide.
I greci ripongono enormi speranze di vittoria in questa gara e tutto il loro appoggio e la loro fiducia sono rivolti al loro campione, Spiridon Louis, il grande favorito alla vittoria finale.

La minaccia italiana

Non tutti sono concordi nel lasciare la vittoria al greco Louis. Dall’Italia, infatti, arriva la sfida. A lanciarla è un podista lombardo di 26 anni, il suo nome è Carlo Airoldi e la sua specialità è la corsa sulla lunga distanza.
Airoldi, che per guadagnarsi da vivere lavora come operaio presso una fabbrica di cioccolata, è piuttosto famoso nella sua terra per le sue imprese pedestri, come le chiamano allora.
Dopo aver vinto, nel 1892, la Lecco-Milano e la Milano-Torino, si impose nel settembre del 1895 in una prestigiosa gara a tappe di 1050 km, la Milano-Barcellona. Tale vittoria gli fruttò un premio in denaro ed una certa fama, anche perchè vinse portando sulle spalle il suo rivale dell’epoca, il Francese Ortègue, che era stramazzato al suolo a poche centinaia di metri dal traguardo.

La ricerca di fondi

Successivamente a questi successi, Airoldi volle prendere parte alla prima edizione dei giochi olimpici, convinto di poter vincere la maratona. Purtroppo, però, l’ostacolo principale era rappresentato dalla mancanza di fondi. Se altri atleti, come i britannici, avevano la possibilità di farsi finanziare dalle università che frequentavano, per Airoldi le possibilità erano decisamente meno ampie. Studiò però un ingegnoso, anche se un po’ improbabile, sistema per pagarsi la trasferta. Contattò il direttore de La Bicicletta, un giornale dell’epoca, concordando un compenso in cambio del suo resoconto relativo al viaggio che avrebbe compiuto per raggiungere la capitale Greca. Il podista lombardo avrebbe, infatti, intrapreso un avventuroso viaggio attraverso gli imperi Austro Ungarico, Ottomano e attraverso la Grecia. Il tutto, ovviamente, a piedi.
«Sono circa 2000 chilometri, ch’io intendo coprire in un mese, sfidando qualunque corridore e qualunque cavallo. Sono anzi sicuro di batterli almeno di ventiquattro ore». Queste furono le parole con le quali il giovane lombardo convinse il direttore della rivista a finanziarlo.

Il viaggio verso Atene

Le prime tappe di Airoldi non incontrarono grossi problemi. E, nonostante alcune difficoltà legate soprattutto al clima e al fatto di dover spesso dormire all’aperto, il viaggio proseguiva regolarmente rispettando i 70 km giornalieri pianificati. Tutto filò liscio fino in Croazia dove Airoldi, cadendo, si ferì una mano. Successivamente, le persone che incontrò gli sconsigliarono di proseguire oltre per l’alto rischio di incontrare briganti.
Airoldi decise così di terminare la sua ultima parte del viaggio in nave. Via mare raggiunse Patrasso e da qui, lungo i binari ferroviari, colmò la distanza che lo separava da Atene nuovamente a piedi.
Alla fine della sua odissea, Airoldi giunse nella capitale greca il 31 marzo 1896.

La beffa olimpica

Dopo questo lunghissimo ed estenuante viaggio, durato ben 28 giorni, Airoldi si recò al cospetto del principe Costantino, presidente del Comitato Olimpico, per iscriversi ai Giochi. L’iscrizione gli venne però negata a causa del premio in denaro ricevuto alla Milano-Barcellona. Conseguentemente a tale premio, Airoldi venne considerato un professionista e pertanto non idoneo a prendere parte ad una manifestazione dilettantistica quale l’Olimpiade.
A nulla servirono le proteste e i tentativi di far ragionare il comitato olimpico e fin da subito emerse il sospetto di un’esclusione voluta al fine di favorire l’atleta di casa. Airoldi non si diede per vinto e, dando prova di grande caparbietà, cercò di prendere parte alla gara nonostante l’esclusione del comitato. Venne però fermato dai giudici e costretto, suo malgrado, ad assistere al trionfo dell’idolo di casa.
All’indomani della maratona olimpica, Airoldi scrisse una lettera a La Bicicletta: «È necessario che io parta al più presto, giacchè ieri ed oggi dura fatica feci a reprimermi. Mi sentivo il prurito nelle mani e non posso tollerare più a lungo i sorrisi ironici di certi villani, ai quali avrei voluto far vedere, se non mi avesse trattenuto il timore di passare per un farabutto, che oltre alle gambe possiedo anche delle buone braccia».

Il ritorno in Italia

Ritornato in italia, Airoldi tentò di battere il record di Spyridon Louis. Ma come nelle precedenti occasioni, anche in questo caso i suoi tentativi subirono numerosi imprevisti ed Airoldi non riuscì mai a provare la sua effettiva superiorità.
Successivamente continuò la sua carriera podistica prendendo parte a gare locali ma mantenendo sempre un atteggiamento unico rispetto a tutti gli altri partecipanti.
Come quella volta, alla Melide-Lugano quando stava per tagliare il traguardo in terza posizione, ma si fermò a pochi metri dal traguardo cedendo il terzo posto ad un podista di dodici anni. Perchè, ormai lo abbiamo capito, Airoldi era un personaggio unico. Uno capace di partire a piedi dalla Lombardia per raggiungere Atene e prendere parte alla maratona. Uno che arrivò addirittura a sfidare Buffalo Bill in una corsa di 500 km, lui a piedi e Buffalo Bill a cavallo. Peccato solo che l’americano rifiutò chiedendo la possibilità di avere due cavalli a disposizione.
Insomma, Airoldi era un eroe, ambizioso e sfrontato che faceva affidamento sulla sua dote principale, il coraggio.

(Pics by giovanni_novara1 from Flickr)

PUBBLICATO IL:

Altri articoli come questo

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.