Lo so. Leggendo il titolo potreste aver storzato la bocca.
Una piccola curva all’ingiù verso l’angolo destro, o sinistro se preferite, delle vostre labbra. Perchè metto in evidenza i dolori, invece che le gioie, del correre; e lo faccio proprio in questi giorni dove in realtà, podisticamente parlando, sto raccogliendo alcune delle più grandi soddisfazioni a livello personale.
Non perchè voglio ritornare con i piedi per terra, all’asfalto credo di esserci ben saldata :) ma perchè appunto tutte queste gioie arrivate, un pochino mi sono costate. E siccome si dà spesso per scontato che il grosso “sbattimento” della corsa è “la fatica” genericamente parlando, io voglio provare a concretizzarla, con nomi e cognomi di mali ben precisi.
La gara di domenica, la 30km di Carpi, mi ha portato a toccare con mano, varie forme di dolore e “usura” sperimentate dal mio fisico nel giro di poche ore.
Mentre alle 11.35 stavo saltando come una pazza di gioia insieme alla seconda classificata (senza esserci mai conosciute prima della gara corsa insieme … ma che volete farci, noi runlovers siamo gente facile al gasamento reciproco), alle ore 13.00 cercavo di risolvere non pochi problemi, in uno spogliatoio sovraffolato dello stadio di Carpi.
PARTI BASSE
Partendo dal basso: i piedi, “strumenti” indispensabili per la disciplina della corsa, riportavano diverse vesciche, alcune delle dimensioni di una giuggiola, per tutta la lunghezza dell’alluce. Dita mediane, piante del piede …. Il passatempo del pomeriggio è stato usare i piedi come bamboline vodoo. Vesciche sopra a ferite di vecchie vesciche, insomma, non un bello spettacolo.
Le unghie ormai in generale sono abbastanza “accessorie”, un po’ quell’effetto “vedo – non – vedo” dei vestiti, nel senso che alcune parti mi hanno proprio salutata, altre hanno deciso di passare al total black invernale. Diciamo che fino alla prossima estate, è meglio che non pensino di mettersi in ghingheri.
Le ginocchia … tutto sommato ok; qualche dolorino, ma tutto nella routine. Perchè se si corre, e si corre tanto, ci sono davvero di quei dolori che uno sa di avere, ma poi alla fine costantemente ignora, perchè sono lì e non si possono risolvere. Cerchi solo di non stupirti più di tanto quando si manifestano prepotentemente.
PARTI CENTRALI
Arriviamo al punto “clou”: l’intestino. Domenica per la prima volta in gara, ho sperimentato i classici “probemi intestinali”. Una maledetta bustina di integratori sciolta nell’acqua prima della gara (cosa che tra l’altro non faccio MAI), ha praticamente tolto la voglia di vivere al mio intestino. Risultato: al 26° km, in piena zona industriale, si è vista una ragazza alta e riccioluta zompettare allegramente verso una cabina elettrica, defilandosi dalla scia dei runner. Dove sarà andata? Mistero.
Ero dietro a una cabina elettrica a … sì, liberare il mio intestino. E nemmeno sapevo se quando mi sarei rialzata, sarebbe stato tutto ok, anzi …. Le forze vengono un po’ a mancare in quei momenti.
Lo confesso e senza tanta vergogna, perchè parliamoci chiaro: ne soffriamo davvero in tanti e non ne parliamo volentieri. Se penso che quando ancora mi allenavo 1 o 2 volte alla settimana e mi capitavano questi episodi, pensavo di avere una malattia per cui non potevo correre … mi viene da ridere.
Avere dei disturbi intestinali, che possono essere dovuti davvero a tante cose (alimentazione, tensione pregara, ognuno è fatto a modo suo!) è qualcosa che capita. Succede, non è piacevole, ma uno non può nemmeno farsene vergogna. We’re human!
PARTI ALTE
Arrivando all’area sommitale, avevo tatticamente dimenticato di darmi l’unguento antisfregamento negli avambracci. Ho pensato: ma con questo tempo, nemmeno suderò! Errore, mia cara, errore. Perchè non è il sudore, ma lo sfregamento. La ripetitività del gesto. Le braccia che oscillano … avanti e indietro, avanti e indietro, per 2h e 33′. Alla fine me la caverò stando non molto composta a tavola nei prossimi giorni. Braccia un po’ allargate, magliette tattiche, ecc.
Ecco, questa panoramica mi sembra sufficiente. Nonostante questa lista sia di 1 solo giorno di battaglia, non mi arrendo, anzi: continuo a pensare che la corsa è una di quelle cose che mi rende umana al 101% e che mi completa così, anche nei suoi lati più “spigolosi”. Come canta Alanis: “You live, you learn“.