Sandy e la mela avvelenata

È il 30 ottobre 2012. È un martedì. Su New York City si sta per abbattere una catastrofe naturale preannunciata: è Sandy, nome dolce e rassicurante da prima fidanzata della high school ma carattere deciso, devastante. È un uragano tropicale di potenza inimmaginabile: New York si appresta a rivivere le scene immaginate da decine di film catastrofisti: metro allagata, semafori divelti dal vento, gente che fugge, case sollevate dalla furia della natura e schiantate al suolo. Ma questa volta è vero. È notte. Sandy è un rumore sempre più assordante, un grido lacerante. Metà città è al buio: downtown non è più servita dalla rete elettrica. La mela è spaccata a metà. La gente si richiude in casa, protegge le finestre da probabili esplosioni dei vetri. Aspetta e prega.
Sandy arriva. Distrugge. Sommerge auto. A decime muoiono. Gonfia il mare e lo scaraventa su Battery Park. Inonda, spazza, cancella tracce umane.
Il giorno dopo spunta il sole. È un sole ironico e beffardo. Illumina una devastazione stimata in miliardi di dollari, fa brillare le lacrime di chi ha perso qualcuno.

Ma New York è “the city that never sleeps”. Non ci si ferma mai, e pochi giorni dopo si deve correre la maratona più famosa del mondo.

Il sindaco Bloomberg è ottimista però. Dice che si farà, che New York ce la farà ancora, che la maratona si correrà. Nonostante l’uragano, la tradizionale parata di Halloween rimandata. Nonostante alcuni tratti della metropolitana ancora fuori uso.
Dice anche che è una buona occasione economica per la città, e forse in questo pecca di tatto e sensibilità. Chi se ne frega dei soldi adesso, quando c’è chi non ha più niente. Lasciamo i soldi da parte, una volta.

Fino a venerdì (2 giorni prima dell’evento) le indicazioni erano che la New York Marathon si sarebbe corsa, perché è LA maratona, quella più famosa del mondo, quella per cui si può usare l’antonomasia, la più partecipata, e – mai come in questo caso – città ed evento sportivo sono un’unica cosa: nelle strade di New York si trovano runners tutto l’anno, a qualsiasi ora, con qualunque condizione meteorologica. La maratona è proprio questo: il giorno della celebrazione per tutte quelle persone che – come molti di noi – difficilmente riescono a rinunciare alla loro dose quotidiana di endorfine.

Adesso nessuno ha voglia di festeggiare. C’è da ricostruire, da ricominciare. Il tempo per festeggiare è un altro. Ora. Tutta la logistica prevista per la maratona è confluita verso chi, a causa di Sandy, aveva bisogno di un pasto. Il New York Road Runners, l’ente che organizza la maratona, ha devoluto 1 milione di dollari alle vittime. Molti runner hanno rinunciato al loro soggiorno in albergo, donandolo a chi ha perso la casa (attraverso il sito racetorecover.com).

Rob de Castella, ve ne abbiamo parlato venerdì in occasione della messa in onda del documentario Road to America, è rimasto a NY con i suoi atleti ad aiutare.

Sono solo alcuni esempi di come dopo tanti anni in cui la città ha sostenuto i maratoneti, questi restituiscono un po’ dell’affetto che hanno ricevuto. Ciascuno come sa, come può. E sicuramente molti l’hanno fatto correndo.

In questo momento, moltissime persone stanno correndo, perché avranno fermato l’organizzazione ma la città va onorata anche in questo modo. Chiudo così, con la foto pubblicata da @matteo_curti su Twitter…

 

(La foto principale è di Nick Cope – @greenpainting)

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