L’allenamento per la Milano City Marathon era stato prodigo di soddisfazioni. Il freddo era ancora troppo pungente per addentrarsi nel parco, quindi da brava cricetina avevo corso quasi sempre in pista, al sicuro in caso di pioggia/neve/improvviso attacco di stanchezza. I tempi scendevano costantemente da 6 e rotti min/km a 5,5 e oltre, totalmente senza sforzo. Ho toccato il massimo durante un allenamento la settimana prima della gara: volavo incredibilmente a 4min e 50, mi sentivo una freccia, una dea. È stato solo un fantastico episodio, una casuale convergenza tra tutti i massimi di ogni parametro vitale utile alla corsa, ma come mi ha detto il mio collega/coach Nick riempendomi d’orgoglio: “era tutto nelle tue gambe!”.
Durante la staffetta, più precisa di un orologio atomico ho tenuto i 5,5 spaccati. Preciso che non sono un tipo molto competitivo, soprattutto nelle specialità in cui so di non eccellere per natura. Negli sport sono sempre stata “bravina dai”, appena sopra la media senza alcun fulgore. Anche in moto faccio caso ai tempi giusto per monitorare la sfida con me stessa e godermi le il brivido del miglioramento, ma non amo mettermi in competizione sportiva con gli altri. Fondamentalmente è perchè detesto sentirmi imbranata, ecco. So di esserlo, e quindi mi cimento in gare di cronometro solo con l’unica persona che so di poter surclassare con gioia: me stessa. Il rischio è però quello di perdere contro gli infidi nemici che da dentro muovono sommosse contro di te. Ad esempio lei, la mia acerrima nemica: la fame.
Negli ultimi due allenamenti infatti ho patito le conseguenze di errori nella gestione dell’alimentazione pre corsetta. Ecco il primo: per darmi un po’ di sprint (credevo, stolta), appena prima di andare ho avuto la brillante idea di rosicchiare una maledetta Macina che, con una pesantezza degna del proprio nome, ha pensato coerentemente di piazzarsi di traverso nel mio stomaco e grugnire ad ogni falcata – sgrunt, sgrunt – per tutti gli 11 km percorsi. Veramente uno strazio, lo posso assicurare, mi ha rovinato l’uscita costringendomi a camminare a più riprese, in complicità con le pozze fangose a rischio scivolone scenografico e la telefonata della Bibi (sorry, non c’è allenamento che possa fermare le news tra amiche!!).
Nel secondo invece, annegata nel superlavoro ho dimenticato di far merenda e sono uscita molto più tardi rispetto al solito. Ero a digiuno da sei ore e morivo di fame, ciononostante ho girato alla larga da cibo dell’ultimo minuto memore degli insopportabili grugniti. Risultato: peggio del peggio, una strenua lotta contro svarioni e miraggi. Vedevo solo panini volanti, le gambe rispondevano bene ma lo stomaco ululava affranto e, annegando in un mare di nausea, ho capito che nemmeno quella volta sarebbe stata giornata. La mia unica maledetta nemica aveva vinto di nuovo, al braccio di ferro tra forza di volontà e fame avevo perso miseramente, e con la faccia lunga ho quindi girato le spalle al sole per trottare mesta verso l’insalata che mi aspettava. Ho portato a casa un mediocre 5,5km in 33 min, ovvero 6 min/km di media.
Se per la MCM ero gasatissima, fino ad oggi la preparazione per la WOTN non mi ha dato grandi soddisfazioni, salvo quella immensa di poter condividere le emozioni con un gruppo di ragazze formidabili! Ammetto di essere un po’ delusa da me stessa ora, ma cerco di trasformare questo in una sfida positiva: so che programmandomi meglio e continuando ad allenarmi potrò almeno provare a centrare il mio obiettivo. Lo dichiaro così non potrò più tornare indietro: 52 minuti. Pronti? Via!!
52 minuti. E l’unica nemica
PUBBLICATO IL: