Domenica 3 marzo 2013. Poco meno di 10000 persone, in una calda e assolata giornata quasi primaverile, sono partite da Roma alla volta del lido di Ostia: intasata la Cristoforo Colombo, peraltro parzialmente chiusa al traffico. Per tutta la mattinata gruppi di volontari hanno distribuito acqua e altri generi di conforto per alleviare i disagi dei viaggiatori, mentre parecchi curiosi si sono radunati ai margini della carreggiata.
Siete ancora lì?
Tranquilli, non è il bollettino infotraffic dell’ennesimo weekend da bollino nero sulle strade del litorale romano. Questa è la RomaOstia 2013 che quest’anno, alla sua 39° edizione, ha sfiorato di pochissimo la quota di diecimila atleti al traguardo, battendo il record del 2012 e confermandosi per l’ennesima volta come la “mezza maratona più partecipata d’Italia”.
Un’affluenza così alta di runners italiani e stranieri ai nastri di partenza significa sicuramente due cose: primo, che ci sono sempre più runlovers in giro; secondo, che questa gara continua ad avere un fascino decisamente particolare. Non dimentichiamoci poi che il numero di pettorali venduti è stato molto più alto e che parecchi runners non vi hanno potuto partecipare perchè la gara, originariamente prevista per il 24 febbraio, è stata fatta slittare al 3 marzo a causa delle elezioni politiche.
Intendiamoci: non che le altre mezze maratone nostrane siano da meno! Anzi, ad essere sinceri in Italia ogni anno si disputano gare sui 21km che per location e caratteristiche di percorso sono decisamente molto più attraenti e suggestive della RomaOstia.
Tuttavia, non c’è runner italico che si rispetti che, almeno una volta nella vita, non abbia corso o non sogni di correre quella che – quanto a partecipazione – potremmo tranquillamente definire come la madre delle mezze maratone tricolori! Non c’è scampo: che siate esperti maratoneti o semplici podisti alle prime armi, prima o poi, finirete anche voi col trovarvi ai nastri di partenza di questa bellissima gara.
L’alta partecipazione di pubblico fa sì che una delle caratteristiche più belle di questa gara sia proprio che non si corre mai da soli. Il gruppo non sgrana mai e rimane abbastanza compatto dal primo all’ultimo chilometro. Per fortuna la strada è abbastanza larga da consentire a tutti di correre con agilità e in modo rilassato già da poche centinaia di metri dopo la partenza, senza particolari problemi di affollamento.
In più, il fatto di avere sempre accanto qualcuno ti carica e sprona in continuazione. Si sorride insieme e si scambiano battute nei primi chilometri. Si affronta insieme la (temuta e leggendaria) salita del 10° km in silenzio, a testa bassa, agitando le braccia per dare la spinta migliore. Si soffre insieme nella seconda parte della gara mentre si sprecano le esortazioni reciproche a non mollare e a tener duro “che il mare è vicino”. Mi piace pensare che ogni tanto correndo e sudando insieme nasca anche qualche bella amicizia. Di certo almeno un paio di volte ho assistito a tentativi (un po’ goffi) di “rimorchio” in diretta, del genere: “vieni bella, ti vedo in difficoltà! Agganciati a me che ti porto fino al traguardo”!
La fauna locale.
Personaggi un po’ sopra le righe poi ne incroci ogni anno. Quest’anno m’è capitato un tizio che ha corso con un braccio ingessato legato al collo. Se lo era rotto un paio di settimane prima ma ci teneva troppo alla gara per perderla. Se l’è fatta fino alla fine ricevendo i complimenti di tutti quelli che lo hanno affiancato e anche qualche “ma chi te lo fa fare?” (l’ho pensato anch’io ad essere sincero, ma la mia era più malcelata invidia per la sua forza di volontà che disapprovazione).
Ho incrociato l’immancabile papà che si corre la RomaOstia spingendo il passeggino super tecnologico del figlio (catturando lo sguardo non solo ammirato delle runners). Confesso che quando ho realizzato che è sempre la stessa persona da tre anni mi chiedo se abbia una famiglia molto numerosa o se invece si limiti a sequestrare un bambino a caso prima della partenza per poi abbandonarlo sulla rotonda di Ostia.
Il migliore – come mi è stato raccontato in treno durante il ritorno a Roma – è stato però un cane che si è fatto tutta la gara correndo accanto al suo padrone; e non sto parlando di un levriero da corsa, ma di un meticcio bianco simil barboncino che – per come ha ansimato per tutto il tempo – molti temevano stramazzasse al suolo esanime già nei primi chilometri. C’è invece chi giura che sia arrivato anche prima del padrone, fregandolo nello sprint finale.
Sparati, come dei proiettili.
Il percorso, come dicevo, non è particolarmente suggestivo (tolta la cornice dell’EUR alla partenza e il mare all’arrivo, per due terzi di gara si corre lungo una superstrada circondata dagli alberi, senza nulla di particolarmente interessante da vedere attorno), ma ha indubbiamente un pregio importante: è dritto! A parte quattro o cinque curve che si affrontano nei primi 3km all’interno dell’EUR e un breve “biscotto” di 400 metri all’arrivo sul lungomare, quasi tutta la gara si corre infatti su un unico rettilineo leggermente ondulato. L’unico tratto di vera salita che si affronta a metà gara, lungo poco più di un kilometro, è comunque ampiamente compensato da alcuni kilometri di falsopiano in discesa che portano velocemente dal 12° al 16° km. In altre parole questa è la classica gara che si presta benissimo per fare il proprio record personale sulla mezza maratona. Fanatici del cronometro, non avete più scuse!
Notizie dal fronte.
Come avrete capito, domenica mattina, tra quelle diecimila e più persone c’ero anch’io. Per la terza volta consecutiva (ormai è una droga)! Il fatto che fosse molto vicina alla maratona di Roma del 17 marzo aveva suggerito, per tutta la settimana precedente, al mio Io razionale di affrontare la gara con la giusta calma, interpretandola come un lungo un po’ più veloce, senza esagerare, cercando di arrivare in fondo non troppo scarico.
Il problema è che spesso, in gara, il mio Io razionale ha la forza di volontà di un criceto ubriaco. Non c’è stato nulla da fare: dopo lo sparo, l’adrenalina ha spento il cervello, il mio Io razionale se ne è andato sbattendo la porta, e quella che avrebbe dovuto essere una corsa di “testa” si è trasformata in una gara di “pancia” in cui ho dato tutto quello che avevo fino all’ultimo chilometro.
Come è andata a finire? Beh, ha vinto il kenyano Wilson Kiprop in 59 minuti e 15 secondi, precedendo di 5 secondi scarsi due suoi connazionali. Dopo di loro, altri 9680 runners da tutto il mondo e con molta probabilità un meticcio bianco simil barboncino hanno concluso la gara. Tra questi c’ero anch’io, e forse l’essere riuscito a migliorare di un paio di minuti il mio personale mi ha fatto sorridere un po’ più del solito. Però se scopro che quel cane è arrivato prima di me, lo assumo come personal trainer per il prossimo anno.