Bentornato, dolore!

Succede che finisce questo primo ponte del 2013 (molto gradito, seppur lavorato).

Succede che finalmente esco dalle 4 mura della palestra, dentro la quale mi ero di nuovo rinchiusa, dopo la seconda piccola storta di sabato 20 Aprile. Probabilmente anche il treadmill non stava già più sopportando il mio sguardo di sufficienza che gli arrivava tutte le mattine.

Succede che finalmente, complici dei meravigliosi taping e bendaggi per bloccare la caviglia in stile Robocop, prendo coraggio.

E sabato e domenica, la paura di dare un’ennesima storta passa. Onestamente, dopo tante micro corsette. rimane sempre quella sensazione di non saper più fare a “correre”. Lo si sa pronunciare e pensare molto bene come parola, come gesto, ma non lo si sa più fare.

È il corpo stesso che te lo ricorda: perché ti senti le braccia come quelle borse da donna con la tracolla né troppo lunga, né troppo corta, e non sai dove mettertele; perché butti un piede, così a caso, con un’ampiezza non ben definita, e ti chiedi: “Ma quanto caaaaspita è lunga la mia gamba? Quanto la facevo la falcata prima? Così? No, così è da Lillipuziana. Allora … aspetta … aggiusto un attimo”; perchè il cuore lo senti che batte la grancassa, e ti sta chiedendo se sei impazzita, mentre i polmoni… boh, si stanno trasformando in 2 palloni aerostatici da quanto li stai gonfiando.

Ecco mentre riprendevo a correre sabato e  domenica scorsa, pensavo a tutte queste cose. Una volta aggiustati tutti questi piccoli dettagli, mi sono ritrovata. Ed è stato l’incontro più bello che potessi fare per strada: ritrovare la ruga del leone, concentrata a guardare dove mettevo i piedi, ma anche a socchiudere gli occhi perchè mi stavo godendo (alleluja!) il sole. Riconoscere il fatto che ero una mezza calzetta, con il respiro affannato e le gocce di sudore che mi scendevano incontrollabili dalla fronte. Poi finalmente il sorriso, quel sorriso che solo chi sa che sta in realtà facendo una fatica bestia, può capirne la beatitudine.

Sono state 2 corse in cui mi sono “riappropriata” della strada, in cui ho scelto di fare proprio quei giri che quando iniziai a correre mi parevano da super esaltata, di quelli di cui ti fai bella con gli amici perché ti dicono: “ma te sei fuori! Ad andare fino là di corsa!”, ma che in realtà per me 2 mesi fa erano i “girettti” corti da scarico. Beh, io li ho fatti senza orologio, solo io e la musica. Lentamente. Avevo con me il telefono (eresia!) ma solo perchè avevo paura di mettermi nei guai come il sabato precedente e di dover chiamare il recupero runner non-deambulanti.

Alla fine poi, c’era lui ad aspettarmi. Quello che di solito nessun runner ama, ma in questo caso per me è stato come ritrovare un amico. Era il Dolore, dei muscoli, delle gambe, della postura sbagliata, della caviglia gonfia.

Ma stavolta l’ho salutato battendogli il cinque. Perchè mi ha fatto capire semplicemente che sono tornata. A correre.

(Photo from Flickr by joy_sale)

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