C’è lui. C’è questa cosa grande grande. Oscura. Indefinibile. Innominabile.
Ci accompagna ogni tanto in certi momenti delle nostre vite, ed è bastardissima, perché un po’ come le amebe, cambia forma e si adatta rapidamente alle situazioni. Si piazza lì e poco a poco, scava un po’ di insicurezza, un po’ di paura.
C’è anche quando corriamo.
All’inizio-inizio è anche solo quel pensiero di “mettersi un paio di scarpe” e “uscire a correre”. Che, attenzione, non è pigrizia, ma è proprio paura di affrontare quello che c’è fuori. A volte credo sia anche paura di vedere e stupirci che ce la possiamo fare.
Ma anche quando si prende un po’ più confidenza con la corsa, lui non molla. E’ determinato, il grande BauBau. Sta al varco e con il ghigno malefico (cioè proprio quello dei cattivi, più cattivissimi che abbiate mai visto sui migliori schermi) sa che prima o poi, cadremo nelle sue grinfie.
Se conquistiamo più chilometri di quanto avremmo mai pensato, lui è pronto a seguirci; appena sa che penseremo “non ce la faccio” lui ci metterà un braccio sul collo e ci avvolgerà con il suo mantello. Sa che appena andremo più forte, potrebbe farci vacillare in un attimo: a lui infatti ci vuole un niente a far diventare un allenamento o una gara poco performanti, in un (piccolo) dramma.
Per fortuna noi runner siamo gente temprata con il fuoco, nell’acciaio (più o meno, eh, magari ci scappa un po’ più di carbonio … e vabbèh) e non ci facciamo spaventare facilmente.
Penso che il BauBau, che mi ha accompagnato per un po’ di tempo, sia stato quello del tempo. La PAURA di non farcela, intesa come il rinunciare piuttosto che dover ammettere di non riuscire a correre in un dato tempo. Ma in questi mesi il BauBau ha saputo agevolmente cambiare forma.
Mi ha aspettato al momento giusto e ora che ho ripreso a correre, poco alla volta, lui ogni tanto sbuca fuori. Agli angoli delle strade, se cambio direzione rapidamente, se spingo un po’ di più, ma soprattutto se decido di fare una pendenza. Può essere anche un leggero avvallamento dell’asfalto, non importa:
appena il mio sguardo riesce a metterlo a fuoco, il BauBau mi si accosta (essendo molto arguto, ha capito che per irretire le sue prede, è necessario stare in forma nella stessa maniera) e mi sussurra all’orecchio.
Cosa?
Che potrei prendere una storta in un qualsiasi momento, che potrei infortunarmi nuovamente per una banalissima disattenzione, come mi è già successo.
Soprattutto, il grande BauBau per me ora è ciò che si chiama “discesa”. Ma già il fatto di “chiamarlo”, mi fa capire che alle nostre paure gli si può dare un nome. “Conoscere il nemico, per sconfiggerlo” diceva SunTzu (e secondo me, uno che ha scritto L’arte della Guerra, è uno che di BauBau ne sapeva discretamente.)
Oltre che mettersi i tappi nelle orecchie e non ascoltarlo.
Se ne avete uno, è arrivato il momento buono per scambiarci due chiacchiere e spiegargli come funzionano le cose. Siate fiduciosi, il BauBau prima o poi cambierà sport.
(Foto: Dangerous Risk Adrenaline Suicide by Fear of Falling photo from Flickr by epsos.De)