A me piace correre, tantissimo. Ok, mi piace anche nuotare (un po’ meno) e pedalare (parecchio), e quando mi alleno negli spazi di tempo ritagliati tra gli impegni lavorativi, famigliari e sociali cerco di sfruttare ogni prezioso minuto per continuare a fare quello che mi piace.
Corro la mattina prestissimo? Perfetto, sveglia alle 05:45, vestizione rapida con tutti gli indumenti già belli e pronti, caffè e poi fuori a sfruttare 1h e 15 minuti. L’allenamento deve finire esattamente sotto casa, in questo modo non perdo neppure un secondo per doccia, colazione, vestizione in abiti civili e partenza in modo da varcare la soglia dell’ufficio come tutte le persone “normali”.
Tutto perfetto in teoria, però c’è un però. Ogni volta che finisco di correre (o nuotare, o pedalare) e passo istantaneamente dall’allenamento alle normali attività quotidiane faccio un po’ male al mio corpo. Si perché mentre i muscoli si raffreddano se non me ne prendo cura lascio che rimangano contratti e accorciati, un processo che alla lunga fa diventare rigide le catene articolari esponendomi al rischio di infortuni. E’ una eventualità concreta che finché non si sperimenta sulla pelle è sempre relegata nel novero delle “cose che succedono agli altri” e invece quando poi si finisce con l’essere vittime di strappi, contratture, infiammazioni che ci fermano o limitano fortemente ci si rende conto che con il corpo non si può essere superficiali.
Il corpo è il nostro tempio sacro.
Dobbiamo prenderci cura di noi, trattare il corpo come se fosse un tempio sacro, perché in effetti è la cosa più importante che abbiamo. Senza il rispetto per noi stessi è anche impossibile avere cura degli altri, specialmente le persone a cui vogliamo bene, e in definitiva avere un impatto positivo su chi ci circonda. Una cura che non si esaurisce con lo stretching post allenamento ma che deve prevedere anche almeno una sessione a settimana (bastano 40 minuti, non che si parli di chissà che impegno) per mantenere la nostra carrozzeria in perfetta efficienza.
Come dice il mio coach “è inutile avere il motore di una Ferrari se lo si fa girare su una carrozzeria di una Cinquecento”. In pratica, non serve a un tubo sviluppare straordinarie caratteristiche cardio-respiratorie se poi tutta questa potenza non può essere gestita da muscoli strutturati per sopportarla.
Non solo palestra.
Sono dunque importantissimi per tutti gli esercizi di potenziamento “a secco”. In questo ambito si può variare dai classici esercizi in palestra con le macchine e i pesi (che però hanno il difetto di far lavorare singolarmente i distretti muscolari) agli impegnativi, ma molto efficaci, esercizi di core stability in cui tutto il corpo concorre al risultato (e che sono fantastici per rafforzare, rassodare, tonificare glutei, addomi e cosce). Ogni runner dovrebbe poi aggiungere anche un po’ di tavoletta e esercizi di tecnica, preferibilmente da eseguire a piedi nudi sull’erba.
Se avete poco tempo per la corsa piuttosto tagliate 10 minuti ma trovatene abbastanza per eseguire gli allungamenti prima che vi raffreddiate. Ricordiamoci sempre che ogni muscolo e tendine è collegato al resto del corpo, pertanto una mancanza di efficienza anche solo di uno di questi può compromettere gravemente il resto del meccanismo. Come è capitato a me, una fascite plantare trascurata ha portato prima ad un’infiammazione della fascia lata (il classico ginocchio del podista) e poi ad una tendinite al tendine d’Achille, bloccante per oltre un mese.
Pochi ma fondamentali minuti al giorno.
Sono servite le cure e le urla dell’osteopata (oltre alla dolorosa esperienza della pressione sui punti irrigiditi) per prendere coscienza di quanto fossi “legato”. Riuscendo poi ad essere costanti, facendo stretching per qualche decina di minuti ogni giorno, si riesce a ottenere un’elasticità impensabile, che non solo rende sani e resistenti agli stress ma consente anche di correre più forte di quanto abbiate mai potuto sognare.
(Photo from Flickr by ckOrange)