Di maratona, cinegiornali e baùscia

“In un’assolata giornata di inizio aprile, migliaia di corridori si sono riuniti nel capoluogo di Lombardia per la consueta annuale Maratona di Milano.
Come novelli Fidippide dell’era moderna hanno solcato, con passo sontuoso e sguardo fiero, le strade mediolanensis dando lustro alla Città, alla Nazione, al Popolo!”

Io adoro i cinegiornali. Passerei ore a guardarli, in particolare quelli dell’Istituto Luce.
Raccontano di un’Italia che non c’è più, o forse no: una piccola nazione, a cavallo tra le due Guerre Mondiali, che stava diventando ‘grande’ e voleva mostrare, alle proprie genti e al mondo, la grandezza delle strade, dei monumenti e la capacità, tipicamente italica, di cavarsela sempre e comunque e di risorgere, come un’araba fenice.
Certo, lo stile dei cinegiornali era (per usare un eufemismo) fin troppo enfatico: nessun audio originale ma una voce fuori campo a scandire parole come vittoria e orgoglio, sottolineate da un accompagnamento musicale dove i fiati e le percussioni la facevano da padrone.
Nessuna intervista, nessuna ripresa a mezzo busto. Un unico montaggio in crescendo.

Visto? Ora fanno sorridere, certo, ma all’epoca i cinegiornali erano dei rotocalchi popolari dove notizie di politica, cronaca, costume e sport venivano miscelate e mostrate nei cinema, prima della proiezione dello spettacolo. Una sorta di telegiornali ante litteram.

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Adesso ritorna all’inizio e rileggi le prime righe ma immagina di essere la voce fuori campo di un cinegiornale. Potrebbe essere il 1947, ma è il 2014. Il 6 aprile 2014, giorno della Milan Marathon. 13.329 runners a invadere una Milano che sogna di essere metropoli, nel momento in cui il mondo volgerà lo sguardo tra un anno, quando l’Expo ci metterà al centro di una parte di questo mondo.
Confesso che ho pensato spesso ai cinegiornali durante la mia frazione della staffetta, la terza della Europ Assistance Relay Marathon. Essere un #cityrunners mi ha permesso di vivere le emozioni di una maratona facendo un inusuale percorso di avvicinamento fatto di allenamenti, nuove amicizie, condivisione di risultati. Orgoglio di sentirsi parte di una squadra, quella composta da Giuseppe, Martina e Ivan, miei compagni di staffetta. Onore e anche qualche lacrima, nel vedere tante persone piangere di gioia dopo il passaggio del testimone quasi a voler dire: “ecco, ce l’ho fatta, cedo le mie gambe ed il mio cuore, continua tu”.
E poi le emozioni live… Sentire l’asfalto di piazza Duomo smosso da migliaia di piedi è qualcosa di strano ed indecifrabile: fai parte di quel rumore ma nel contempo lo percepisci, ne sei fuori. Spettatore partecipe.
Ecco, la partecipazione. In questi giorni ho letto molte critiche sulla poca pazienza dei milanesi e sulla loro tiepida partecipazione, rei di non sostenere con incitamenti i runners.

Ode a Milano

Per quanto mi riguarda ho sentito tante volte gridare il mio nome (ok, ce lo avevo stampato sulla maglietta!), ho dato il “cinque” fino a spellarmi le mani, ho ricevuto tanti applausi da tutti: pubblico, altri runner, volontari del servizio d’ordine.
Ma ho visto anche automobilisti inferociti inveire contro tutto e tutti (il caldo, si sa, dà alla testa), persone a passeggio neanche degnare di uno sguardo chi correva.
Ma chi pensa che questi siano i milanesi si sbaglia. Questi non sono i discendenti di Carlo Porta. Sono baùscia. E si sa, se dài importanza a un baùscia sei finito. Milano può sembrare fredda, e per certi versi lo è; riservata, un po’ altezzosa, convinta di essere importante. Ma è anche bella, signorile e riservata. E quando ti apre il suo cuore lo fa interamente. Milano è così… o si ama, con i suoi difetti, oppure si odia, pur riconoscendole dei meriti.

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Ma se vogliamo lasciare ai nostri figli dei cinegiornali da vedere tra 50 anni mostriamo loro il nostro meglio. Mostriamo che si può essere cittadini, runner, automobilisti. E che una cosa non esclude l’altra.
Con in sottofondo la Cavalleria Rusticana!

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