Il senso delle Asics Gel-Super J33 per il corto veloce… e non solo

Quando ho aperto la confezione delle Asics Gel-Super J33 sono rimasto un po’ perplesso. Sul tavolo accanto alla scatola c’era la scheda prodotto che recitava ” la prima scarpa da corsa naturale progettata appositamente per chi ha una pronazione più accentuata”.

Ma come, mi domandavo guardandola (effettivamente trendy nel suo azzurro/arancio/rosa), se corro naturale vuol dire che appoggio sull’avampiede, che me ne faccio del supporto pronazione? Con il punto interrogativo in faccia infilo le scarpe nella borsa e salgo sulla bici, sì perché da buon triatleta mi faccio un combinato, quindi prima pedalo e poi corro. E lo faccio senza usare le calze, cosa che con una scarpa nuova forse non è una buonissima idea. Dopo 40 km in sella scendo, infilo al volo le J33 e parto per i 10 km programmati.

Sensazioni a pelle

La sensazione è subito quella di grande libertà, la scarpa è leggera e anche se un po’ legnoso per via della bici saltello allegramente sull’asfalto cercando di non arretrare mai sui talloni. La seduta è veloce ma intorno al settimo chilometro comincio a sentire un po’ di fastidio agli alluci (entrambi). Alla fine scopro che ho due profondi tagli, magari se avessi avuto le calze o una scarpa con più chilometri sopra avrei potuto evitare questa tortura auto inflitta.

Minimal non per distanze minimal, anzi

Nelle settimane successive ho continuato a usare le J33 per sedute corte e veloci, per lo più in pista, trovandomici sempre più a mio agio ma continuando a non capire la necessità di “appesantirle” con il supporto fino a quando non mi si è accesa la lampadina: sono leggerino (60 chiletti), ho sempre corso di avampiede senza neanche doverci pensare (di fatto senza saperlo), e mi piace la spinta di caviglia anche nelle gare lunghe (maratona Ironman compresa), quindi perché non sfruttarle appieno in una gara oltre l’ora? In fondo ho bisogno di velocità, reattività, leggerezza e però anche un “aiutino” quando tendo ad arretrare e da solo non riesco a gestire la “minimalità” di una scarpa natural classica (sono decisamente pronatore, c’è poco da fare), specialmente nel finale quando la gamba è meno brillante. Un mix abbastanza inusuale che la J33 sembra essere in grado di soddisfare, almeno spero.

Detto fatto, mi presento al via della Stramilano Half Marathon con le mie belle natural ai piedi. Sarà per il meteo fresco, sarà per il percorso veloce, sarà perché queste J33 ormai sono entrare nella fase di miglior adattamento al mio corpo, metto lì il mio PB in 1h31’40”, limando più di un minuto al tempo precedente. E come si sono comportate le Asics? come avevo previsto, ovviamente. I primi 12/14 km come una normale scarpa minimal, molto puntate sul davanti, reattive ma non scontrose, anzi piuttosto rotonde. Poi nella seconda parte della gara ecco la magia: la falcata si accorcia un po’, la spinta è assicurata sempre più dai quadricipiti e l’appoggio inevitabilmente arretra. La J33 asseconda la variazione del carico e spostando l’asse sul lato assicura una piattaforma più stabile, continuando a garantire le prestazioni senza sacrificare del tutto il comfort. Fino al traguardo.

Inaspettatamente versatile

Oltre alla soddisfazione del personale c’è, in fondo alla mezza maratona, la bella sensazione di essere entrato in sintonia con questa arma formidabile che, a patto di rispettarne il concept, è abbastanza versatile da lasciarsi interpretare a seconda della personalità di chi la usa: dalle ripetute in pista a una 5 km in libertà sull’asfalto, fino alle alte prestazioni di una 10 km o addirittura di una 21 km agonistica.

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