La donna che volava: crazy beautiful thing

A dirla tutta onestamente, l’idea oggi era quella di scrivere un pezzo sul “lungo”, quell’allenamento che tanti runner si piazzano la domenica o il sabato perché hanno più tempo e meno stress.

Poi è successo che un mio collega, della categoria dei pazzoidi arrugginiti, è venuto alla mia scrivania. “Doveva” o “voleva”, ora non ricordo bene, mostrarmi un video. Pensando al fatto che lui pratica parecchio arrampicata sportiva, ho pensato che volesse mostrarmi qualche via spaziale che solo lui vede (perché io l’ho fatta per un po’ arrampicata, ma sono decisamente super beginner come livello e non capisco granché) o qualche modello incredibilmente evoluto di una scarpa da climbing composta con l’ultimo ritrovato scoperto su Marte.

E invece si impossessa del mio pc e digita: “Crazy beautiful thing steph davis”. E chi cazz è questo?
Intanto questo è una lei, anzi … una bellissima signora lei e io vi invito a googolarla immediatamente. Come al solito, prendetevi tempo, mettetevi comodi e cercate di lucidare un po’ di inglese (purtroppo il video non è sottotitolato). E lasciatevi trasportare da queste immagini e dalla melodica voce di questa donna che vola. Sì, avete letto bene, vola con un piccolo paracadute. Poi possiamo riparlare con calma di due o tre cose…

Vi dirò, l’approccio è stato un po’ strano. Sono sempre stata affascinata da chi fa scelte di vita estreme. Credo di avere letto ogni eventuale libro scritto su disgrazie in montagne, sia che riguardassero grandi alpinisti, che illustri sconosciuti. Non perché abbia un insano gusto del sadico. Piuttosto, cerco di capire cosa si nasconde dietro a quella volontà di spingersi “oltre”. Credo sia la stessa cosa che da piccola mi faceva appassionare a sapere cosa cacchio cercassero nell’antichità oltre alle Colonne d’Ercole. (beh, okay diciamo che potevo essere una bambina particolarmente pallosa a volte).
E quindi ritrovarsi di fronte a questa donna dal sorriso stupendo, che si mette la tuta e prova a volare, mi ha un po’ messo a disagio. Ma scusa, è così bello arrampicare. Guarda lì mentre si arrampica su per i monti dello Utah. Guarda la luce, e la roccia com’è liscia.
E poi, volare. Steph ci ha pure perso il compagno lo scorso anno a fare quella robina lì di provare a fare Batman con il paracadute dopo essersi arrampicati in cima alle vie più improbabili. Si chiama wingsuiting e come la maggior parte di voi, lo considero uno sport da fuori di testa.

Ma poi dopo il primo coinvolgimento delle immagini, mi sono concentrata sulle parole. Perché Steph, è una fuori di testa che ha studiato per anni pianoforte, flauto ed ha un dottorato in Inglese. E sì, okay, quello che fa non è esattamente quello che i suoi genitori si aspettavano che facesse nella vita. Insomma, diciamo che è una fuori di testa molto lucida: racconta di come preferisce morire sicuramente facendo una cosa che le piace fare piuttosto che in un letto di ospedale a 87 anni.
Parla di pratica, di come magari ti eserciti un casino a suonare una Fantasia di Mozart e provi, provi, riprovi … e quel giorno in cui finalmente riesci a suonarla un “minimo” decentemente, senza incasinarti di brutto, ti dici: “Cacchio, sì, ce l’ho fatta!”. Ma non per questo quel giorno smetti di suonarla, anzi: è proprio da quel giorno che pensi “oggi ho iniziato a suonare quel pezzo”.
Mi è venuto un brivido e ho pensato a quando uscivo e correvo per 20 minuti. Poi per 30. Poi sono arrivata a 40 e mi sono detta “so correre almeno per 40 minuti, forse sto iniziando a correre” Perchè quella era il mio limite personale, le mie Colonne d’Ercole. Ed è stato davvero bello arrivare a quei 40 minuti e pensare che ce l’avevo fatta e volevo provare a farlo di nuovo, per vedere se ci riuscivo a farli impiegando di meno o facendo meno fatica. Certe volte chiudo gli occhi e lascio che certe sensazioni e ricordi, come questi, tornino a galleggiare nel mio cervello. Perché sono quegli attimi che rivivresti in loop.

E infine, c’è una cosa che dice Steph e che da oggi continua a ronzarmi in testa. Che secondo lei vale sempre la pena saltare, cioè fare quella cosa che è davvero incomprensibile più o meno per la maggior parte della gente sulla terra (credo), ma per lei no. Perché_

One run in itself is nothing. But running everyday becomes something*

Ho pensato a quella cosa che mi fa uscire per correre quasi tutti i giorni, A quella spinta che vedo negli occhi di chi si allena per qualcosa o di chi semplicemente ama correre tanto da uscire così spesso da farsi chiedere “Perchè lo fai?”.
Ecco perché. Se troviamo un senso in ciò che facciamo, non c’è bisogno di aggiungere altro.
Crazy Beautiful Thing.
*farlo una volta in sé, non è niente. Ma farlo tutti i giorni lo fa diventare qualcosa”

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3 Commenti

  1. Stupenda. Lei e quello che hai scritto. Anche qui dove vivo alcuni sono morti sul Sass Pordoi nella ricerca del volo col wingsuite o dell’ostello ci estremo. Ogni volta che capita, ti chiedi: ma perché? Ma io in parte li capisco e condivido il loro modo di vivere. È difficile da spiegare, è insito nell’uomo credo, e porta sicuramente a fare cose pazze, ma la vita è una sola…

  2. Fantastica! Questo significa credere veramente in se stessi e nelle proprie capacità, poi ognuno è libero di scegliere come spiccare il volo…. e quando trovi il coraggio di farlo, non c’è gioia e soddisfazione più grande nell’esserti messo in gioco! Respect!

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