Ragazze che corrono

Quando ho iniziato a correre, pensavo che il running fosse roba da uomini e che io come al solito, portavo avanti certe battaglie del tutto personali, tipo voler dimostrare che in realtà non era così. Un po’ come quando all’asilo mi impuntai che volevo portare pure io il grembiulino azzurro e che avevo diritto ad accedere al bagno dei maschi (nota fonte di imbarazzanti incidenti diplomatici tra le suorine, coloro che portavano di diritto il grembiulino azzurro e la sottoscritta).

Dicevo, qualche anno fa uscivo a correre e generalmente mi imbattevo soprattutto in ragazzi (e mai uno che si offrisse di accompagnarmi o ci provasse, oh). Andavo alle gare della domenica e mi trovavo a spogliarmi in mezzo a Sloggi maschili, braghini svolazzini (Big ©), canotte e peli. Ah sì, e anche ascelle potenti e testosteroni da competizione a go-go. I massimi discorsi di solito andavano da “che integratore hai con te” a “domenica scorsa ho fatto schifo, sono andato 2 centesimi di secondi più piano della domenica prima”. Pensavo tra me e me che il running in Italia era destinato ad aver l’articolo IL davanti e non perché richiesto dalla grammatica italiana.

Non sono mai stata una femminista, perché a priori non mi sono mai piaciute le posizioni “fondamentaliste”. Ma ho sempre pensato che in fondo non c’era nessuna legge scritta per cui le cose dovessero essere o bianche o nere. Tanto meno in questo sport.

Mi sono resa conto che in realtà a me piaceva molto incontrare altre ragazze di corsa; sottolineare il fatto che sì, anche a noi piacesse correre. Così ho iniziato a scrivere di corsa. Per condividere quello che vivevo e vedere quante altre erano che la pensavano come me, soprattutto che trovavano in uno sport faticoso la fonte del loro piacere, perché diciamocelo che la corsa è un attimino più impegnativa del bikram yoga, con tanto rispetto per chi lo pratica sia ben chiaro.

Oggi lo faccio ancora, a modo mio cioè da runner scrivente e di solito perennemente rotta. Mi entusiasma scoprire giorno dopo giorno on & off line “quelle che” corrono.

Siamo tante. Siamo tenaci. Determinate. Siamo incredibilmente sensibili e la cosa straordinaria è che riusciamo a portare ispirazione a chi come noi corre e anche a chi non corre. Ragazze che non si spaventano di affrontare mezze maratone e maratone e ultra trail (anche se devo dire che di queste ne ho conosciute più all’estero che in Italia, sob, ma le cose cambieranno me lo sento!), mamme che oltre a fare le mamme, le donne di casa, le lavoratrici, le nuore, le mogli e varie ed eventuali trovano il tempo di correre. Atlete che come Anna Incerti o Valeria Straneo hanno la forza di emozionarci per una medaglia vinta e una ruota dopo 42k. Donne che come Robin Arzon, ci fanno riflettere sulla forza d’animo che ci fa muovere le gambe sull’asfalto (ok, tenetevi forte – in breve: Robin fa l’avvocato a New York, è una super runner ed è pure molto figa. Due settimane fa ha scoperto di soffrire di diabete di Tipo 1. Quindi ha ben deciso di correre la mezza di New York domenica 16 Marzo, perché in fondo la paura verso la malattia non deve essere vista come un ostacolo, ma come un incentivo a correre ancora di più. A dimostrare che siamo più forti. Una specie di carburante, insomma (parole sue, eh)

Sabato 8 marzo, per la festa della donna, ho pensato a come avrei potuto celebrare la giornata senza fare le solite cagate. Ho deciso che l’unica cosa per cui volevo veramente impiegare il mio tempo, era per poter correre con altre ragazze. E così mi sono ritrovata a correre ai Giardini con altre ragazze. Come me. Ragazze che corrono.

Girls, let’s run the world.

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1 commento

  1. Ai Giardini Margherita? :) Bell’articolo e hai veramente ragione. Io corro per me, corro da sola nel bosco perché sono fortunata a vivere in montagna. Ammiro chi riesce come Emelie Forsberg, a fare ultra trail o la Dolomites Skyrace. Non voglio pormi limiti, magari un vertical lo proverò, ma per ora basta correre..

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