Siamo tutti triatleti

Il triathlon ti ha sempre attratto ma anche respinto? Troppo complicato, troppo faticoso, troppo di tutto? Forse potreste non essere così lontani dall'amarvi. Ecco perché.

Un giorno un saggio mi disse che il triathlon non sono tre sport diversi ma un’unica disciplina che ha 3 momenti. Solo considerandola come un tutto lo si può affrontare: le sue parti (nuoto, bici e corsa – per chi ancora non lo sapesse) compongono un’unità che è uno sport.
In verità non si trattava di un saggio (né di un indovino di terzaniana memoria) ma di un amico. Triatleta, inutile specificarlo.

Come sa chi mi legge (e chi ascolta il nostro podcast “Fuorisoglia”) fra me e Sandro io non sono quello che fa triathlon. Lo guardo con rispetto e ammirazione ma non gli sono molto amico. In fondo lo vedo ancora come una bestia a tre teste: quando gli parlo non so esattamente a quale delle tre mi sto rivolgendo. E poi quanta fatica: come se la corsa non fosse già abbastanza, aggiungiamoci pure nuoto e bicicletta.
Se parlo della mia esperienza non è però per parlare di me: credo sia utile perché è simile a quella di tanti altri che magari hanno pensato che forse potrebbero provarlo ma che continuano a rimandare. Mi rivolgo a voi per dirvi che il primo passo per provarci è rimandare. Sembra un paradosso ma significa che ci state pensando e che quindi all’orizzonte vedete quella possibilità.

Quelli che seguono sono quindi consigli e riflessioni un po’ più generiche che potrebbero riguardarti. Anzi: ti riguardano perché se sei arrivato sin qui a leggere significa che ci stai pensando. Oh sì, confessa!

1. Non devi iniziare a palla

Se hai un rapporto di diffidenza con il triathlon significa che hai già un rapporto. Diciamo che ti piacerebbe provarci ma non vuoi dargli la soddisfazione di darti per vinto e donargli il tuo corpo e la tua mente per i prossimi anni.
Un modo semplice per creare una relazione sana con questo sport è quello di affrontarlo con un certo calcolato distacco, senza dar troppo nell’occhio. Il messaggio che devi dare è “Non mi interessa, ma alla corsa ho deciso di affiancare la bici o il nuoto. E poi sono affari miei”. In altre parole: puoi avvicinartici prendendo confidenza con la bici o il nuoto, anche senza inserirli (per ora) in un programma di allenamento integrato per il triathlon. Iniziate a parlarvi per ora. Poi si vedrà. Se ti interessa la bici qui ti diciamo come sceglierla e quanto spendere. E qui trovi tutto su come affrontare il nuoto.

2. Una lezione di economia dell’energia

C’è una cosa che mi ha sempre affascinato del triathlon: il fatto che ti insegni a razionalizzare (e razionare) le tue energie. Non puoi fare un triathlon consumandole tutte nella prima sessione di nuoto perché significherebbe non averne più per le successive due sessioni. Devi insomma essere capace di capire quante energie puoi spendere per ogni sessione e poi usarle. Non solo: devi saper calcolare anche quale ti richiederà più sforzo in funzione della tua capacità di praticarla. Mi spiego meglio: anche i più grandi triatleti hanno una disciplina preferita, o almeno una in cui sanno che renderanno meno. C’è chi è fortissimo nel nuoto ma meno nelle altre due, c’è chi in bici spacca e riesce a recuperare il tempo perso in acqua ecc., hai capito cosa intendo.

Quando affronti un triathlon devi sapere dove di certo non farai un buon tempo e dove potrai recuperarlo e di conseguenza misurare le tue forze in quelle frazioni. C’è insomma molta intelligenza applicata, molta strategia di gara. E il bello è anche che non è affatto detto che chi “esce male dall’acqua” (cioè chi ha fatto una prima sessione deludente) sia destinato a perdere: potrebbe recuperare moltissimo in sella alla sua bici o durante la corsa. Il triathlon è un unico sport ma è pur sempre fatto di tre momenti diversi.

Io, triatleta

3. Sei già triatleta

Forse questo è un discorso un po’ consolatorio: lo potrebbe fare chi non pratica il triathlon ma vuol lasciare intendere che ha interiorizzato il suo messaggio. Io, in pratica. O te o lui e anche lei che ci state pensando.
Questa è la riflessione più filosofica e finale che ti propongo. Parte dalla constatazione che la nostra società ci vede in un’unica dimensione. Facci caso: quando conosci una nuova persona le chiedi che lavoro fa. Hai bisogno di collocarla in un contesto, di capire chi è, in che fascia della società si situa ecc. Sono etichette che permettono di capire sbrigativamente – e molto spesso erroneamente – che tipo di essere umano ci troviamo di fronte. Come se tutti gli ingegneri o i panettieri o le attrici fossero uguali.

A un triatleta non verrebbe mai in mente di definirsi un nuotatore o un ciclista o un runner: è anche quello, ma è prima di ogni cosa un triatleta.
Noi non siamo il lavoro che facciamo ma siamo qualcosa di più: tutti hanno una terza dimensione, una profondità. Sono le passioni, gli amori, ciò che, oltre alla professione, li definisce come esseri umani.
Alla fine ho capito cosa mi attrae “filosoficamente” del triathlon: che è tridimensionale. Ha una lunghezza, una larghezza e una profondità. Ognuna di queste dimensioni è una disciplina e, insieme, definiscono un essere-atleta.

Concludo con un pensiero che spesso faccio riguardo alla musica. È una mia semplice teoria ma ha un fondamento. Dice che chi è appassionato esecutore di musica alla fine finisce a suonare il jazz o la classica. Succede anche a chi ama semplicemente ascoltare la musica: più la ami, più sei attratto ad approfondirla e più spazi nelle sue mille espressioni, più è inevitabile che arrivi ad appassionarti al jazz o alla classica, in assoluto fra le forme espressive musicali più complesse che esistano.

Il triathlon è un po’ il jazz e la classica dello sport: è più faticoso, è più complesso e per molti incomprensibile. Però se ami praticare lo sport e in particolare la corsa è quasi inevitabile che prima o poi la tua attenzione si sposti in quella direzione.

Io intanto sto guardando con occhio sempre più famelico le bici. Non sto dicendo che me ne voglio comprare una ma dico solo che non è mai detto. Intanto le guardo. E tu?

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