Cosa c’è nelle uova di Rocky

Cinque uova, di numero. Che sono un simbolo preciso di un personaggio cinematografico immortale

Quattro del mattino, fuori è ancora buio. Si è appena accesa una radiosveglia sintonizzata su un notiziario. Le prime parole dello speaker indicano una temperatura esterna di quattro gradi sotto lo zero, l’ingrediente perfetto per cercare il tasto rosso della radiosveglia, spegnere il notiziario e girarsi dall’altra parte del letto.

E invece no. La macchina da presa ci mostra un uomo che si mette seduto su un materasso cigolante, indossa solo la maglia del pigiama e un paio di mutande. Il volto reso inespressivo dal sonno. Senza batter ciglio, la prima cosa che fa è quella di recarsi verso il frigorifero, sopra ci appoggia un bicchiere di vetro e dentro ci spacca cinque uova. Le manda giù d’un fiato, così famelico che un rivolo di tuorlo scorre sulla guancia per poi atterrare sulla maglia del pigiama. Sono microazioni, queste, che vengono svolte senz’anima, c’è solo routine.
Un attimo dopo l’uomo è in strada che sta correndo: è iniziato il suo allenamento.

Una scena

La scena appena descritta è presa dal primo film della saga di Rocky e per quanto non abbia un briciolo dell’epicità di tante altre scene, resta tra le più iconiche e ricordate da appassionati e non.
Una prova? Basta inserire su Google le parole “Rocky” + “scena” ed ecco che le “uova” sono già al terzo posto, precedute solo da “Rocky scena finale” e da “Rocky scena scale”. Uno si aspetterebbe di trovare la bellissima scena in cui Rocky e Adriana escono per la prima volta e vanno insieme alla pista di pattinaggio, i discorsi motivazionali dell’allenatore Mickey o al limite i tanti incontri che hanno caratterizzato la saga: Apollo Creed, Clubber Lang, Ivan Drago. Niente di tutto questo: il pubblico vuole la scena delle uova.
Cos’hanno di così speciale?

Facciamo un passo indietro, anzi in avanti.
Tutta la saga di Rocky si basa su un codice narrativo piuttosto chiaro: il climax della storia è rappresentato dall’incontro finale sul ring (con la sola eccezione di Rocky V dove il ring si trasferisce sulla strada) tra Rocky e un altro pugile. La prevedibilità di questo traguardo ha un effetto collaterale: rendere speciale non tanto l’incontro in sé quanto la preparazione a cui si sottopone il personaggio interpretato da Sylvester Stallone per arrivarci pronto. Le uova sono l’inizio del crescendo, la base proteica di quello che sta per succedere, cioè una lunga salita fatta di allenamenti durissimi che giustificano quella scelta alimentare così insolita.

La prima cosa da fare, al mattino

Il primo appuntamento della giornata di Rocky è con la corsa in strada, momento fondamentale per l’allenamento di un pugile che diventa anche simbiosi tra personaggio e ambiente: Rocky, infatti, è un pugile italo-americano di Philadelphia e, fin dal primo film della saga, il momento della corsa è proprio quello in cui si percepisce il legame tra lui e la città.

È buio, ci sono i fornai che hanno le luci accese e la saracinesca ancora a metà, i furgoni stanno scaricando le prime copie dei giornali davanti alle edicole, il camion della nettezza urbana sta liberando la strada dai rifiuti per la giornata che sarà. In mezzo a tutto questo c’è Rocky, pugile dilettante a cui viene data l’opportunità di sfidare il campione del mondo dei pesi massimi, che si gode quel momento intimo tra lui e Philadelphia, prima di chiudersi in palestra per il resto della giornata sotto le urla del suo allenatore.

Nel frattempo l’allenamento arriva alle fasi conclusive, il sole diventa timido e a Rocky non resta che prendersi il primo piccolo traguardo della giornata: la scalinata del Philadelphia Museum of Art. Quella è la fine della corsa, l’unità di misura della sua condizione fisica, il momento in cui arrivare in cima e girarsi di fronte alla città, sentirne l’abbraccio.
 Una volta raggiunto l’ultimo gradino della scalinata, possiamo ritornare alle uova.

Un gesto che è diventato patrimonio mondiale

Sono in pochi a poter vantare una preparazione atletica degna del titolo mondiale dei pesi massimi, eppure tantissimi sportivi (anche quelli che non hanno mai visto un match di boxe nella loro vita) si identificano con Rocky, lo sentono vicino, soprattutto quando arriva il momento degli allenamenti. Ecco che il personaggio si mescola con lo spettatore, chiunque esso sia. Corriamo con lui, entriamo in palestra con lui, contiamo le ripetute insieme e una volta finito il film ci ronzano in testa Gonna Fly Now e Eye of the Tiger per giorni.

In tutta questa vicinanza, le uova sono il simbolo perfetto. Dentro c’è un contenuto di proteine mentali che gli sportivi conoscono bene e che, con fatica, difendono da un ambiente esterno e ostile riassumibile nella domanda “ ma chi te lo fa fare?”.
Sono cinque. E non è un numero a caso. Primo uovo: tutte le volte che hai la forza di alzarti dal letto quando il tuo corpo vorrebbe restare nel caldo delle coperte. Secondo uovo: trovare il tempo per fare qualcosa per te. Terzo uovo: portare corpo e mente a fare due passi insieme. Quarto uovo: i giorni in cui non hai voglia di allenarti ma lo fai lo stesso. Quinto uovo: sapere che ogni allenamento è un mattoncino per qualcosa di più grande.
E si butta tutto giù, non c’è neanche bisogno di dare una mescolata. Arrivano insieme.

Rocky, uno sconfitto in cui ci identifichiamo

Nonostante gli anni e qualche film non proprio riuscito, la saga di Rocky continua ad attraversare le generazioni e a conservare un fascino autentico. Ancora oggi il film del 1976 viene considerato il film sportivo più bello di sempre, un modello inarrivabile a cui in tanti continuano a ispirarsi quando vogliono raccontare una storia. In pochi si soffermano su un punto non del tutto scontato: nel 1976, alla fine dell’incontro, Rocky perde ai punti contro Apollo. Eppure il cinema Hollywood ci ha abituato (non solo nei film sportivi) ad apprezzare le imprese, la potenza della vittoria, la bellezza del traguardo raggiunto. Com’è che il pubblico fa un’eccezione e decide di abbracciare uno sconfitto?
 Perché Rocky ci ha fatto ricordare che esiste la forza di volontà. Esistono le uova. Così si è avvicinato a noi.

Andrea Martina

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2 Commenti

  1. Bravo Andrea, Ottimo articolo, ottime riflessioni. Mi permetto anche di proporre il concetto di tenacia: Rocky non è più un ragazzino, ma in qualche modo decide comunque di accettare una sfida che gli si presenta in un suo periodo di forma non proprio ottimale, quando tutto intorno a lui sembra essersi ormai sbiadito irrimediabilmente. Deve risalire la china dal fondo della grotta, tenacemente. E lo fa, grazie anche alle uova! Grazie e buona giornata.

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