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Markelle Taylor, soprannominato “la Gazzella”, ha trascorso 18 anni in carcere per omicidio di secondo grado.
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Durante la detenzione, ha scoperto la corsa come antidoto alla disperazione e ha compiuto imprese straordinarie, qualificandosi per la maratona di Boston.
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Dopo essere stato rilasciato, Markelle torna a San Quentin come volontario, condividendo la sua esperienza di rinascita attraverso la corsa.
Bizzarra la vita. Desideri qualcosa con tutto te stesso. Il tuo desiderio si avvera e per qualche motivo ti ritrovi a voler tornare indietro. È quello che è successo a Markelle Taylor che ha trascorso 18 anni della sua vita nel carcere di San Quentin a cui sono seguiti 3 anni di libertà condizionata per omicidio di secondo grado. Oggi fa ritorno in quel luogo non da carcerato, ma in una veste tutta nuova.
La storia
Markelle, soprannominato la Gazzella, è diventato celebre per aver corso nel 2019 una maratona all’interno del carcere dov’era imprigionato. Se il fatto che abbia compiuto 104 giri e mezzo nel cortile della prigione faccia già di per sé notizia aspetta di leggere il seguito. Perché non è finita qui. Markelle ha corso in un tempo tale da consentirgli di qualificarsi per la maratona di Boston. A sei settimane dal suo rilascio la Gazzella ha corso la più antica maratona del mondo nel tempo di 2 ore e 52 minuti.
Markelle Taylor ha iniziato a correre come antidoto alla disperazione. Ora vuole condividere la sua esperienza con i suoi ex compagni di prigione. Vuole dare loro una speranza. Tre mesi fa la sua richiesta è stata accolta e da allora ogni lunedì Markelle torna nel luogo in cui ha scoperto un nuovo sé stesso.
La missione
In quella che è diventata una vera e propria missione, Taylor è supportato dal team di allenatori volontari del 1000 Mile Club che lo hanno accompagnato nel suo percorso di rinascita.
Taylor scende in pista con i suoi compagni, allenandosi con loro. Approfitta delle pause per chiacchierare con vecchi amici come Darren Settlemyer che per primo aveva suggerito a Taylor di unirsi al club di corsa. Frequentare il club gli avrebbe fatto bene per stemperare lo stress. Quando Taylor ha iniziato a correre ha avuto la sensazione che mente e spirito fossero perfettamente connessi. Si sentiva improvvisamente libero pur trovandosi ancora dietro le sbarre.
26.2 to life: il film documentario sulla sua vita
Con un passato da vittima di violenze domestiche non ha sputo come elaborare e dove sfogare tutta la rabbia che aveva in corpo. Dal non sentirsi niente oggi si sente qualcuno, qualcuno di migliore di quello che è stato in passato.
La sua storia è diventata protagonista del film documentario di Christine Yoo “26.2 to Life: Inside The San Quentin Prison Marathon“. Ha viaggiato in tutto il paese da un festival cinematografico all’altro, camminando sui tappeti rossi e ricevendo gli applausi degli spettatori. La sua naturalezza e il suo calore come oratore hanno permesso al pubblico di connettersi con la sua storia, portando alla luce l’urgenza di una riforma carceraria.
“Markelle ci dà speranza, il che è una benedizione” sono le parole pronunciate da Kirivuthy Soy, membro del 1000 Mile Club. La sua è una storia di rivalsa.
Dopo l’uscita del documentario sono arrivate frotte di domande di corridori che chiedevano di entrare nel 1000 Mile Club in veste di allenatori volontari.
Guardare avanti
Il calore e l’interesse che il pubblico ha mostrato nei confronti della sua storia non solo è gratificante ma anche curativo per Markelle. “Più lo guardo, più mi aiuta a elaborare internamente ciò che ho passato nella mia vita, riconoscendo il dolore e la sofferenza che ho causato prendendomene la responsabilità” ha detto.
Ex alcolista, oggi è sobrio da ventidue anni ma continua a partecipare alle riunioni degli alcolisti anonimi nella contea dove vive. Andare alle riunioni è un impegno per non dimenticare il suo passato e far sì di non inciampare più negli stessi errori.
Come molte persone precedentemente incarcerate, lotta per trovare un buon lavoro e ben pagato. Taylor guadagna 17,25 dollari all’ora come cassiere del supermercato. Essendo nero deve lavorare più duramente di chiunque altro. Avere un background criminale rende il compito ancora più difficile. Ci sarà sempre qualcuno pronto a giudicare.
La sua volontà di chiedere aiuto è un punto di forza. Inoltre non ha paura di inseguire ciò che vuole.
Il futuro
Questo autunno ha in programma di correre la maratona di Chicago e New York. Dopo aver corso tre maratone di fila in meno di tre ore vorrebbe replicare il risultato ancora una volta. Ma la sua missione in questo momento è un’altra, ovvero quello di essere un esempio per i condannati, una specie di ambasciatore. Ciò che è importante è correre con gioia e amore. È questo quello che conta per lui in questo momento, più che inseguire i suoi obiettivi personali.
“Non posso cambiare le menti delle masse” ha affermato. “Ma grazie alla mia storia e al mio impegno posso provare a illuminare la strada di chi magari sta procedendo nelle tenebre”.
(Via New York Times)