La capacità di autoregolarsi

Lo fanno anche gli atleti d'elite. Ecco perché dovresti iniziare ad "autoregolare" i tuoi allenamenti.


  • Lo psicologo Gunnar Borg sviluppò il sistema Borg Rating of Perceived Exertion (RPE) per aiutare gli atleti a valutare lo sforzo durante l’allenamento negli anni ’80.
  • L’autoregolamentazione e la “percetometria” sono concetti chiave collegati all’uso delle scale di sforzo per monitorare le percezioni personali durante l’esercizio fisico.
  • Ascoltare i segnali del proprio corpo e tenere traccia delle sensazioni permette agli atleti di adattare l’allenamento, evitando l’overtraining e favorendo il benessere.

 

Nei primi anni ’80, uno psicologo e scienziato sportivo svedese di nome Gunnar Borg sviluppò un sistema, il Borg Rating of Perceived Exertion, utile agli atleti per adattarsi meglio ai loro livelli di sforzo. Al termine di ogni allenamento va quantificato lo sforzo in una scala che va da un minimo di 6, equivalente a uno sforzo assente, a un massimo di 20, lo sforzo massimo. Una scelta numerica bizzarra che tuttavia ha un significato ben preciso: quello di riprendere indicativamente le cifre della frequenza cardiaca. Pertanto un RPE (Rating of Perceived Exertion) pari a 12-14 corrisponderebbe a 120-140 battiti al minuto.

L’autoregolamentazione e la “percetometria”

Borg ha dato il via al concetto di “percetometria” e nel corso dei decenni le scale di sforzo sono state sempre più usate nei vari sport. Il concetto comune a tutte è quello dell’autoregolamentazione, ovvero la pratica di monitorare le proprie percezioni al termine dell’esercizio fisico, regolandosi di conseguenza.

Negli sport di endurance i cardiofrequenzimetri aiutano corridori e ciclisti a monitorare in tempo reale l’intensità del lavoro che stanno svolgendo. I corridori tendono a ossessionarsi sul ritmo di corsa, che in certi giorni può essere al di sotto delle aspettative per ragioni di varia natura: scarsa qualità del sonno, stress accumulato, cattiva qualità dell’aria. Ciò sarà riscontrato anche dai dati della frequenza cardiaca.

Come autoregolare il tuo allenamento

Una prima buona abitudine da iniziare ad adottare è appuntarti come ti sei sentito al termine di ciascun allenamento. Alcune applicazioni come Strava e Training Peaks dispongono di un’apposita sezione che ti consentirà non solo di tenere traccia delle tue sensazioni ma anche di disporre di un archivio storico. Più dati accumulerai, più imparerai a conoscerti e ti sarà facile  capire quando sarà il momento giusto per aprire il gas piuttosto che prenderti un giorno di riposo. Questa semplice pratica ti aiuterà a evitare le insidie dell’overtraining o “sovrallenamento” e l’impatto negativo che ne conseguirebbe. L’overtraining non guarda in faccia nessuno, indipendentemente dal fatto che tu sia un atleta élite o un amatore. È tanto spietato quanto democratico.

Ascolta (ed accogli) i segnali

Sapersi autoregolare non è solo una pratica legata a dati oggettivi. Si basa anche e soprattutto su sensazioni strettamente personali. Premere il pulsante pausa significa prendersi cura del proprio. Un corpo che talvolta ci manda dei segnali che dovremmo iniziare ad ascoltare. Perché ricordiamo che allenarsi non deve mai essere intesa come una forma di auto-punizione.

Autoregolarsi significa conoscersi. Non limitarsi ma al contrario aprirsi a nuove e diverse opzioni.

(Via insidehook)

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