La gara più claustrofobica della terra

Correre al buio, in un tunnel, per 200 miglia. Ecco una delle ultramaratone più estreme del mondo

Gli organizzatori stessi la definiscono un “mind-bending test of extreme endurance and sensory deprivation” cioè “una prova di resistenza estrema e di privazione sensoriale che sconvolge la mente”, quindi te l’hanno detto, non puoi dire che non lo sapevi. Il suo nome dice già tutto: si chiama “The Tunnel” ed è una ultramaratona di 200 miglia che si corre nel tunnel pedonale più lungo di tutti gli UK, il Combe Down a Bath. Il percorso è piano ed è parzialmente al buio, almeno dalle 11 di sera alle 5 del mattino, mentre il resto della giornata è debolmente illuminato.

Estremo, in ogni senso

L’esperienza ha tutto di estremo e non è un caso che venga definita di privazione sensoriale: non solo la vista ma anche l’udito è privato di molti stimoli dato che non è permesso portare auricolari né ascoltare niente che non sia la propria voce interiore. Non si può nemmeno mettersi a chiacchierare con altri concorrenti dato che è vietato correre affiancati (anche per la larghezza contenuta del tunnel).

In cosa consiste allora, al di là di questo apparato di condizioni soprattutto mentalmente estreme? Il tunnel è lungo poco più di un miglio e la corsa consiste nel farlo 100 volte. Alcuni che l’hanno corsa dicono che, appunto, non si tratta di correre 200 miglia ma di correre 100 volte due miglia (cioè avanti e indietro). Alla fine del tunnel c’è il quartiere generale dell’organizzazione e la boa attorno a cui si gira per invertire il senso di marcia. Definirlo “quartiere generale” è un eufemismo dato che si tratta di un tavolo con qualche sedia dove puoi bere un po’ di tè o mangiare dei noodle caldi. Basta, non c’è molto altro, per non dire che non c’è niente. Le dotazioni per i concorrenti sostanzialmente non esistono: non ci sono stazioni intermedie, non ci sono nemmeno i bagni, se non una toilette chimica. La gara è ufficialmente in totale autosufficienza, a partire dalla sedia che ti devi portare tu se vuoi riposare, per non parlare di tende in cui riposare: ti devi arrangiare. Parcheggio? Non c’è nemmeno quello. Ah, e non pensare che il percorso sia tutto per te: il tunnel resta comunque aperto ai locali e moltissimi lo percorrono in bicicletta.

Giochi mentali

Pensa ora di affrontarla. Per quanto tu sia stato privato di tutto e ti stia volontariamente mettendo in una condizione di totale disagio devi rispettare comunque delle regole: come si diceva, non puoi correre a fianco di nessuno, devi rispettare chi usa il tunnel per spostarsi, hai un tempo limite di 55 ore per completare le 200 miglia (o le 100 doppie miglia, se preferisci). È fine marzo (la corsa si svolge dal 31 al 2 aprile) quindi probabilmente non farà neanche freddo ma l’unica buona notizia è che anche se piove non ti bagnerai.

Alla partenza si sta in fila indiana e si parte uno alla volta. Lo scopo è vedere quanto ci vuole a fare 200 miglia in un tunnel, non è – come dicono gli organizzatori – una gara del tipo “vediamo in 55 ore quanta strada faccio”: se in 27 ore e 30 minuti – cioè esattamente a metà del tempo a disposizione – non hai corso almeno 100 miglia sei fuori.

Sei a correre là dentro, con i tuoi pensieri e le tue gambe e basta. Non vedi quasi niente, non senti altro che i passi di chi corre o cammina. Puoi iniziare il viaggio dentro di te.

Sappi che sarai tentato a smettere per almeno 100 volte, cioè a ogni inversione di marcia. 100 offerte invitanti a metter fine a questa pazzia, così tante che c’è chi arriva alla fine e perde il conto e non sa se ha finito o se gli manca ancora qualche lap.

Sarà noioso? In fondo non puoi parlare o ascoltare niente per 55 ore, deve essere uno strazio infinito. Per apprezzarla di certo devi essere un particolare tipo di persona: molto introspettiva, che ama sfidarsi a superare limiti fisici e mentali, solitaria, con una notevolissima forza mentale. Come dice chi l’ha corsa, “È un gigantesco meeting fra te e i tuoi piedi”, per di più condotto in assenza di luce solare. “Normalmente ti alzi al mattino e vedi il sole sorgere ma qui i riferimenti vengono meno perché è sempre notte”.

Cosa comporta questa privazione dei sensi per le 40 persone che la corrono (il numero è limitato per oggettivi problemi di spazio, anche attraverso un meccanismo di selezione dei candidati volutamente impenetrabile)? Alcuni descrivono uno stato di grazia, di vuoto totale della mente, addirittura di superamento della soglia del dolore, tanto “a un certo punto le gambe ti fanno così male che smetti di pensarci”. Altri hanno allucinazioni, specie nella seconda metà di gara: c’è chi vede mostri, chi è convinto vi siano scale ovunque, chi vede trasformarsi l’asfalto sotto i piedi in un pavimento di vetro, chi si trascina queste visioni anche giorni dopo l’evento.

E c’è infine chi ha capito il senso di questa gara e della vita: “Capisci che tutto ha senso, perché niente ha senso”.

Ci fidiamo di chi è giunto a questa illuminazione anche perché difficilmente la proveremo. E parlare di illuminazione in una gara al buio, ovviamente, non è casuale. La luce devi trovarla dentro di te, forse è quella che cerca chi la corre, no?

(Via BBC)

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