London’s calling

Ho lo sguardo perso, assorto. Penso a come sarà tornare a Londra. La città di innumerevoli vacanze studio e weekend.

Sarà una città diversa da come l’ho lasciata l’ultima volta, ormai qualche anno fa. Era il 2019 e il pretesto per attraversare la Manica era stato il sessantesimo compleanno di mia mamma. Ricordo che all’epoca stavo preparando la maratona di Amsterdam, la mia decima maratona. Nei ricordi mi rivedo correre una mattina per le strade di Regent’s Park, piena di sogni e carica di aspettative, ignara di cosa mi avrebbe riservato il futuro.

Molte cose son successe da allora. Per prima la Brexit, poi la pandemia e infine la morte della regina Elisabetta. Un evento più rilevante dell’altro, che mi aspetto abbiano lasciato un segno nella città che ha da sempre un posto speciale nel mio cuore.

Manca poco al momento in cui tornerò a Londra. Se da una parte non vedo l’ora che arrivi quel momento, dall’altra spero che questa attesa non finisca mai. È un copione che si ripete ogni volta. Mi sembra di aver iniziato ieri la preparazione per questa maratona e invece sono già passati più di 3 mesi.

Una preparazione che ha previsto ad oggi un totale di 620km spalmati nell’arco della settimana intervallati da sedute di stretching e core training, allenamenti in piscina e qualche uscita in bici. Il momento più atteso? Il lungo della domenica. Da sempre il mio allenamento preferito. Quello per cui sono disposta ad anticipare la sveglia rispetto ai giorni lavorativi. Quello da correre in compagnia degli amici di sempre, che ci sono e ci sono sempre stati. Quello per cui mi posso concedere un pasto un po’ più ricco e abbondante rispetto al resto della settimana.

L’allenamento che più mi da e più mi prende, in termini di tempo, energia e recupero.

Corro per raggiungere dei numeri che scandiscono tempo, chilometri e velocità. La corsa per me è performance. Ho provato a correre senza obiettivi, senza grande successo. La mancanza di un obiettivo mi ha portato negli ultimi due anni a mettere da parte la corsa per dedicarmi ad altro.

E poi di nuovo è scattata la scintilla. Ho messo a fuoco una nuova sfida, è tornata la motivazione e la voglia irrefrenabile di correre. Correre per un motivo: gareggiare.

Non so correre senza gareggiare.

Ho bisogno di sapere che il giorno x all’orario y mi giocherò il risultato per cui ho lavorato sodo. La prossima partita che giocherò sarà proprio quella di Londra. Sarà una partita lunga, in cui ogni mossa dovrà essere ponderata. La teoria la conosco a memoria. Conosco anche la Sara che si presenterà in griglia di partenza. Quella che se la fa sotto ma anche quella che non vede l’ora di terminare il count down e partire. Quella che si farà travolgere dal tifo delle persone rispondendo alle urla con altrettante urla. Quella a cui non parrà vero di correre una delle maratone più prestigiose d’Europa che dopo 2 anni di stop vedrà di nuovo riversare nelle sue strade milioni di amatori. 

Conosco quella Sara, è la stessa a cui brillano gli occhi al solo pensiero della maratona. É Sara nella sua versione migliore: quella che corre.

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