Perché il nuovo record femminile in maratona è epico

Ci siamo abituati a vedere Kipchoge correre velocissimo e fare record. Ora la vera novità sono quelli stabiliti dalle donne, che sembrano non fermarsi più


  • Tigist Assefa ha abbattuto il record mondiale femminile della maratona a Berlino, correndo in 2 ore, 11 minuti e 53 secondi, riducendo il precedente record di oltre due minuti.
  • Le atlete etiopi e keniane dominano nel mezzo fondo e nella maratona, grazie a un mix di allenamento, condizioni ambientali e predisposizione genetica. Le nuove tecnologie, come le scarpe Adidas ADIZERO Adios Pro Evo 1, giocano un ruolo cruciale nei successi.
  • Il numero crescente di record battuti da donne riflette un cambiamento sociale nei paesi come Kenya ed Etiopia, dove un maggiore coinvolgimento delle donne nella politica e nella vita pubblica. Questo fenomeno è associato a una ricerca di riscatto sociale e successo che beneficia non solo gli atleti, ma anche le loro comunità.

 

Domenica 24 settembre scorso a Berlino l’etiope Tigist Assefa ha disintegrato il record femminile in maratona: “migliorare un tempo” normalmente significa limarlo di qualche secondo, ma quando i secondi si contano a decine e anzi a centinaia, siamo di fronte a un evento epocale. La Assefa ha fermato il cronometro a 2 ore, 11 minuti e 53 secondi, mettendoci meno di 120 secondi rispetto al precedente record di Brigid Kosgei, stabilito a Chicago nel 2019 (2 ore, 14 minuti e 4 secondi).

Quello che è ancora più sorprendente è la frequenza con cui questi record vengono infranti, soprattutto dalle atlete. È davvero difficile ormai tenere traccia di tutti i record che cadono, il che significa diverse cose.
Le donne corrono sempre più veloci (e questa è la considerazione più semplice da fare). I record sono ormai così frequenti da avere un significato diverso e forse meno importante di una volta: in alcuni casi durano qualche mese, in altri anche poche settimane mentre una volta i record duravano anni. Infine, la tecnologia ha un peso sempre maggiore nell’aumento delle prestazioni delle atlete.
Ma andiamo con ordine.

Il fattore umano

Dal Kenya e dall’Etiopia vengono i più forti atleti del mondo, almeno nell’ambito del mezzo fondo e della maratona. Basta guardare i risultati delle principali maratone per rendersi conto che i primi posti sono dominati da loro.
I tentativi di capire quale sia il loro segreto sono numerosi ma è ormai convinzione comune che si tratti di un mix di abitudine allo sforzo, di condizioni ambientali (gli allenamenti in alta quota, riducendo il numero di globuli rossi per via delle percentuali di ossigeno inferiori alla pianura, danno un vantaggio temporaneo a questi campioni, tanto che molti atleti d’élite di tutto il mondo si allenano periodicamente nello stesso modo) e di predisposizione genetica, specialmente per quanto riguarda la composizione delle fibre muscolari.

Se alcuni “segreti” possono essere sfruttati da qualsiasi atleta, ammesso che possa permettersi la trasferta in quei luoghi, altri sono peculiari di keniani ed etiopi. Chiunque può allenarsi in quota ma solo alcuni possono avere proprio quel tipo di muscolo.

Il fattore tecnologico

Se poi si osserva che scarpe aveva la Assefa, si può capire meglio quanto conti la tecnologia nella costruzione di record simili. Conta a tal punto che all’arrivo si è sfilata e ha baciato le sue adidas ADIZERO Adios Pro Evo 1, le stesse presentate pochi giorni fa e sensazionali per il concentrato tecnologico che offrono ma anche per il costo e la durata. Si tratta di scarpe con Energy Rods (ossia barre in carbonio infuso) per aumentarne la risposta elastica, con mescola super-reattiva, leggere come una piuma (138 g), così estreme da poter essere usate per una sola gara perché l’intersuola offre il massimo della risposta meccanico-elastica solo per qualche decina di chilometri, a tiratura limitata e decisamente costose: 500 euro.

Perché le donne

Eravamo partiti dalla constatazione che la frequenza più estrema di record battuti ormai è visibile soprattutto nel mondo femminile, più che in quello maschile. Se si esclude Eliud Kipchoge – ammesso che lo si possa fare – i record battuti dagli uomini sono meno frequenti di quelli stabiliti dalle donna.

Come si spiega questo fenomeno? Secondo il Guardian, è l’esito di un cambiamento sociale avvenuto negli ultimi decenni in quei paesi che ha portato le donne a ricoprire più cariche politiche e a essere coinvolte maggiormente nella vita pubblica. Questa presenza si è inevitabilmente manifestata anche nello sport: molte più donne si allenano e corrono e, se la statistica non è un’opinione, all’aumentare dei numeri di donne che corrono corrisponde anche una crescita delle vittorie conseguite.

Si tratta insomma dell’esito preventivato e auspicato di una strategia politica che ha dato sempre più responsabilità e incarichi alle donne, favorendone anche l’emancipazione sociale.

Questo cambiamento ha inevitabilmente portato a una diffusione della corsa in quei paesi e una sua affermazione. Convincendo molte atlete a tentare quella strada che, se si raggiungono importanti risultati sportivi, fa vincere molti soldi.

A differenza di altri paesi e al netto delle doti fisiche e muscolari, correre in Kenya o in Etiopia può voler dire cercare un riscatto sociale di cui poi non solo i singoli atleti ma l’intera comunità può giovare.

Alla voglia di superare i propri limiti atletici, insomma, si aggiunge anche il desiderio di riscatto. Che può anche ripercuotersi sulla comunità di provenienza. Il successo di un’atleta è insomma anche quello del gruppo di allenatori, conoscenti e amici che la circondano, sino a trasformare una vittoria in un evento collettivo e in una grande opportunità di riscatto che si riverbera su decine se non centinaia di persone.

Nel frattempo la tecnologia evolve e si raffina sempre di più, incrementando i risultati di chiunque corra con scarpe super-performanti. Non trascurando che comunque contano le capacità e le doti e che le scarpe possono solo incrementare le prestazioni individuale, ma non di certo correre una maratona al posto tuo.

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1 commento

  1. Prestazione straordinaria a parte, non posso che considerare amaramente la “durata” di queste scarpe, ipertecnologiche ma con impatto ambientale assolutamente da condannare. Un paio di scarpe a gara! Immagino a lunghissimi pre maratona.

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