Permettere il doping è la nuova frontiera dello sport?

Qualche riflessione sugli Enhanced Games e le sfide etiche del doping nel mondo dello sport

Li chiamano “Enhanced Games”, cioè “Giochi Migliorati”, una definizione che nasconde la loro natura, tanto che c’è chi li ha già ribattezzati “Olimpiadi Dopate”. In poche parole si tratta di un evento “sportivo” che non prevede alcun controllo antidoping e quindi lascia liberi – anzi incentiva – gli atleti e le atlete che vi partecipano di usare qualsiasi sostanza dopante per “migliorare” le proprie prestazioni.

Partiamo dall’inizio

L’osservazione da cui sono partiti i suoi due creatori – in particolare Aron D’Souza e Peter Thiel (vedremo meglio dopo chi sono) – è che i Giochi Olimpici siano già truccati, o meglio che i controlli attuali non siano in grado di individuare gli atleti dopati, sia per il campionamento necessario (solo alcuni, a campione appunto, vengono testati, essendo impossibile eseguire analisi su tutti quelli che vi partecipano) e che, per quanto raffinate siano le tecniche di screening antidoping, è un po’ come una caccia di guardia e ladri: i ladri cercano sempre di essere un passo avanti rispetto a chi li controlla, usando sostanze dopanti di nuova concezione che non sono ancora individuabili dalle autorità.

Con un gesto che da una parte prende atto dello stato delle cose (è impossibile individuare chiunque si dopi e comunque ci sarà sempre chi riesce a sfuggire usando sostanze nuove) e dall’altra applica un principio liberista allo sport (ognuno è responsabile solo per se stesso e il sistema più funzionante è quello totalmente deregolamentato), sono nati gli Enhanced Games.

Come sono nati, cosa sono, cosa si prefiggono

Il loro sito è già molto esplicito, già dalla prima riga: lo scopo è il profitto. “[gli Enhanced Games] sono sostenuti da i più ricchi venture capitalists”, che tradotto significa che se chi c’ha i soldi ci investe è perché ci vede una promettente prospettiva di guadagno. Subito dopo la premessa: “Quando il 44% degli atleti usa già sostanze che aumentano le prestazioni, è più sano celebrare la scienza”. Traduzione: siccome tanti già lo fanno (sarebbe poi curioso capire da dove deducono la percentuale del 44%), allora lasciamo che la scienza faccia il suo corso e aiuti gli atleti ad andare oltre i loro limiti umani, verso quelli che gli sono permessi dall’uso di sostanze. Conclusione: gli sport possono essere più sicuri senza i test antidoping (detto da loro). Ci sarebbe già da scrivere un trattato solo su queste quattro righe, ma procediamo.

Questo evento avrebbe già dovuto tenersi quest’anno in forma ridotta a dicembre ma è stato posticipato al 2025 e comprende tutte le discipline previste (atletica leggera, nuoto, sollevamento pesi, ginnastica e sport da combattimento). Si dovrebbe tenere in un campus universitario nel sud degli USA. Il condizionale è d’obbligo, come si suol dire, perché la CNN sostiene che l’evento non vedrà mai la luce.

L’idea nasce dai già citati Aron D’Souza e Peter Thiel: il primo è un uomo d’affari australiano e ne è presidente e fondatore dal 2022, il secondo è uno dei più celebri e facoltosi miliardari dell’industria tech, nonché co-fondatore di Paypal, noto anche per le posizioni conservatrici e di destra e per aderire al liberismo più estremo in campo economico. Questo per dire che non stupisce che, soprattutto Thiel, promuovano un evento giudicato da moltissimi come non solo incomprensibile e inutile dal punto di vista scientifico ma soprattutto dannoso per la salute degli atleti, spinti all’eccesso dal desiderio di vittorie e denaro (inutile specificare che i premi previsti sono sostanziosi in termini economici). Lo spirito ultrasecolare delle competizioni sportive – cioè quello di eccellere su altri esseri umani per esplorare in maniera corretta e rispettosa del proprio corpo e degli avversari – ne esce irrimediabilmente distrutto.

Che si tengano o meno, gli Enhanced Games mettono inavvertitamente in discussione alcune questioni interessanti, le uniche di cui forse val la pena di parlare.

Un’osservazione, di uno che ne sa

Sandro Donati, cioè una delle autorità – se non “L’Autorità” italiana e internazionale – nel mondo dell’antidoping, rispose così a una persona che gli chiedeva se, dato che molti si dopavano già, non valesse la pena di dichiarare lecito farlo e liberi tutti. Praticamente il programma di Enhanced Games, no? Donati rispose in modo molto pratico, non impostando la discussione sul piano morale. Disse: “Vede, il problema non è che siccome lo fanno tutti allora tanto vale che non si facciano i controlli. Gli atleti professionisti sono controllati da staff medici e, paradossalmente, possiamo dire che sono in condizioni di doparsi in modo sicuro. Il problema sono gli amatori che lo fanno senza controlli. Ha mai visto le gare della domenica? Ha idea di quanti già lo facciano? Ogni tanto se ne sente parlare nei giornali: atleti amatori trovati positivi al doping. Vai a fare una gara alla domenica e ti dopi. Per cosa? Queste persone senza controlli si farebbero solo del male, e intendo davvero tanto male, fino alle conseguenze più estreme”.

Che giochi o olimpiadi del genere – e chiamiamole pure “migliorate” o “dopate” – si propongano come sicure per gli atleti e come una possibile soluzione per lasciare che la scienza faccia il suo corso è la questione. Il fatto è, detto molto semplicemente, che le regole devono esistere e che l’assenza di regole e quindi di ordine raramente porta benefici, a parte quelli economici.

Potrebbe sembrare una posizione quasi ideologica: in fondo questi Giochi sono la versione sportiva del liberismo, cioè dell’assenza di regole sulla base dell’autoregolamentazione del mercato. E per molti versi quello sportivo è un mercato ma non facciamoci trarre in inganno: la struttura che organizza e sfrutta (in senso buono) le competizioni è economica ma le gare in sé non lo sono. Quelle si basano sull’eccellenza delle prestazioni degli atleti. Eliminata ogni regola resta solo la competizione fra chi ha più o meno accesso alle risorse economiche per doparsi di più e meglio. Si trattasse solo di questo, poco male: in fondo nessuno obbliga nessuno a seguire queste gare e ogni atleta è adulto e libero di fare di sé ciò che vuole. Verissimo. Però non parliamo più di sport, o meglio: di competizione.

Troppo moralista? Ci piace andare alla radice delle parole perché spesso è illuminante. “Competere” ha un’origine latina e deriva da “cum-petere”, cioè lottare assieme. Il significato è insomma quello di raggiungere un risultato confrontandosi come collettività, non come individui. Il senso sta tutto nel farlo assieme, non nel farlo individualmente a discapito degli altri. Se poi questa competizione ha regole – o anzi, non ne ha – che mettono in pericolo la vita stessa di chi vi partecipa, di cosa stiamo parlando? È una gara a chi supera i propri limiti e quelli umani dopandosi, senza badare alle conseguenze? Alla fine vince chi non ci rimane secco?

La scienza – visto che è citata da Enhanced Games stessa – ne prenderebbe nota, alla voce “L’esperimento ha avuto esiti negativi, cioè mortali”. Saremo inguaribili romantici ma ci piace pensare che la scienza debba applicata al benessere e al progresso del genere umano, non a se stessa e basta.

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