Non è pigrizia, è manutenzione necessaria: scoprire perché fermarsi oggi è l’unico modo per correre più forte e più a lungo domani.
- Fermarsi non significa regredire: la forma fisica non svanisce in tre giorni di divano e avanzi di Natale, è una certezza fisiologica.
- Il riposo è parte integrante dell’allenamento, esattamente come le ripetute o il lungo della domenica: senza recupero non c’è adattamento.
- Se dormi male nonostante la stanchezza o sei irritabile senza motivo, il tuo corpo ti sta urlando di staccare la spina.
- Avere le “gambe di legno” è un segnale inequivocabile: ignorarlo porta solo a infortuni, non a nuovi personal best.
- Ricaricare non è solo inerzia: significa fare cose diverse, come camminare, fare stretching o semplicemente leggere.
- La vera disciplina sta nel saper aspettare: rallentare oggi ti darà lo slancio per una ripartenza molto più efficace.
L’elogio della lentezza: perché in questi giorni ricaricare conta più di “performare”
Oggi è arrivato a salutarti quell’ospite poco grafito che ti sussurra all’orecchio che dovresti uscire? Che dovresti “smaltire”? Che se non corri oggi, perderai tutto quello che hai costruito in mesi di sudore?
Ecco: non badarlo.
Oggi vediamo la performance come una divinità capricciosa che richiede sacrifici quotidiani. Ma la corsa, quella vera, quella che ci accompagna per una vita intera e non solo per una stagione, si nutre di equilibri, non di ossessioni. In questi giorni sospesi, dove il tempo sembra dilatarsi e contrarsi a piacimento, ricaricare le batterie non è un atto di debolezza. È la strategia più intelligente che tu possa adottare.
L’ansia di “perdere forma” (e perché è un’illusione)
Pensi davvero di essere un palloncino? Pensi che bastino 72 ore di inattività per sgonfiarti e perdere tutta la capacità aerobica accumulata? La fisiologia non funziona così. Il corpo umano è una macchina straordinaria progettata per conservare, non per dissipare al primo accenno di riposo.
La forma fisica, quella che chiami “condizione”, è un castello costruito mattone dopo mattone. Non viene giù per un po’ di vento. Studi scientifici (e l’esperienza di chiunque corra da anni) confermano che il detraining significativo inizia dopo settimane di stop totale, non dopo qualche giorno di pausa natalizia.
Quell’ansia che senti non è fisiologica, è psicologica. È la paura che fermarsi significhi non essere più un “runner”. Ma un runner non si definisce dai chilometri che fa quando tutti riposano, ma dalla capacità di ascoltarsi e durare nel tempo. Correre sopra la stanchezza, sopra il cibo, sopra lo stress delle feste non ti rende un eroe. Ti rende solo stanco.
Tre segnali che hai bisogno di ricaricare
Spesso non ci fermiamo perché non sappiamo leggere il cruscotto della nostra macchina. Continuiamo a spingere sull’acceleratore anche se la spia della riserva lampeggia furiosamente. Ecco tre indicatori che non dovresti ignorare, perché non sono suggerimenti: sono ordini del tuo sistema nervoso.
Il paradosso del sonno
Sei stanco, hai mangiato, hai passato giornate intense, eppure la sera fissi il soffitto. Oppure ti svegli nel cuore della notte e non riprendi sonno. Quando l’allenamento (o lo stress accumulato) è eccessivo, il cortisolo rimane alto e impedisce quel rilassamento profondo necessario al recupero. Se non dormi bene, non allenarti. Punto.
L’irritabilità da “corto circuito”
Ti dà fastidio tutto. Il parente che fa la domanda scomoda, la fila al supermercato, persino il modo in cui sono allacciate le tue scarpe. L’irritabilità è spesso il primo segnale di sovraccarico del sistema nervoso centrale. Quando correre diventa un dovere nevrotico invece che un piacere liberatorio, è il momento di appendere le scarpe al chiodo per qualche giorno.
Le gambe che non collaborano
Le senti pesanti, “piene”, legnose. Fai le scale e sembra che tu abbia addosso uno zaino di pietre. Non è pigrizia, è infiammazione sistemica o affaticamento muscolare profondo. Ignorare questo segnale sperando che passi “correndoci sopra” è l’autostrada più veloce verso l’infortunio.
Come ricarichi davvero (non solo divano)
Attenzione però: l’elogio della lentezza non è l’elogio dell’inerzia totale. Ricaricare non significa necessariamente fondersi con il tessuto del divano per 12 ore consecutive (anche se, hey, ogni tanto ci sta). Il recupero può e deve essere attivo, ma a bassa intensità.
Si tratta di cambiare registro.
Invece di correre guardando il passo al chilometro, esci per una camminata lunga, senza orologio, respirando l’aria fredda di dicembre.
Dedica venti minuti a quello stretching che prometti di fare tutto l’anno e che non fai mai perché “non hai tempo”. Adesso il tempo ce l’hai.
Oppure scrivi. Prendi un quaderno e butta giù due righe su come ti sei sentito correndo quest’anno. Non serve essere scrittori, serve svuotare la testa. Il recupero mentale vale quanto quello muscolare.
La settimana dopo: riparti meglio
C’è una magia nel riposo che spesso sottovalutiamo: la supercompensazione. Quando dai al corpo il tempo di assimilare il lavoro fatto, lui si ricostruisce più forte di prima. È come tendere un arco: se continui solo a tirare la corda senza mai lasciarla andare, alla fine si spezza. Se invece allenti la tensione, quando sarai pronto a scoccare la freccia, questa andrà più lontano.
Fermarti oggi, rallentare, goderti la lentezza di questi giorni di festa senza l’ansia da prestazione, è il miglior regalo che puoi fare al tuo “io” che correrà a gennaio. Tornerai con più voglia, con le gambe leggere e con la testa sgombra. E scoprirai che non hai perso niente. Hai solo guadagnato salute.


