Avere tempo è il nuovo lusso

Correre oggi non è solo uno sport, ma un atto di resistenza civile. E i runner sanno creare il tempo, conquistandolo ogni giorno, trasformando la corsa nel lusso più grande: un'ora tutta per sé.

Ti sei mai sentito in colpa per aver corso? Hai mai provato quella sensazione strana mentre infilavi le scarpe e chiudevi la porta dietro di te, come se stessi rubando tempo a qualcosa di più importante? Se la risposta è sì, welcome to the club. Sei parte di una maggioranza silenziosa che ha capito una verità scomoda: oggi, correre non è solo un hobby. È un atto di resistenza civile.

C’è stato un tempo in cui il lusso era tangibile. Un orologio dal meccanismo perfetto, un’auto che faceva girare la testa, una borsa con una lista d’attesa più lunga di quella per un trapianto di fegato. Ma poi, quasi senza che ce ne accorgessimo, il lusso ha cambiato forma. Si è smaterializzato, è diventato volatile, prezioso proprio perché intoccabile.

Oggi il vero privilegio non si allaccia al polso né si parcheggia in garage. È un’ora di tempo tutta per te. E se corri, sai esattamente di cosa parlo.

Del resto parliamo di qualcosa che è scarso per natura: il tempo non si crea dal nulla e non può essere aumentato a dismisura. Una volta che è trascorso è perso. L’unica libertà che abbiamo è dargli un valore. E allora: come decidi di dare valore al tuo tempo?

“Beato te che hai tempo”: l’hai mai sentita questa?

Probabilmente ti sei sentito rivolgere quella frase almeno una volta: “Beato te che hai tempo per correre”. Suona come un complimento, ma nasconde un’insidia colossale e una critica neanche troppo velate: se corri è perché hai tempo, e chi te lo dice non ne ha, o pensa di non averne. Come se noi runner avessimo scoperto una dimensione segreta del tempo, una venticinquesima ora magica che ci regala spazio per i nostri chilometri.

La verità è ben diversa. Chi corre non ha più tempo degli altri. Semplicemente, ha imparato a crearlo dove non c’era.

Il nostro calendario è un Tetris impazzito, una partita a livello esperto dove i pezzi scendono velocissimi e non c’è mai spazio per tutto. Lavoro, famiglia, scadenze, la caldaia da riparare, la spesa da fare, quella serie che “devi assolutamente vedere”. E in mezzo a questo caos, noi cerchiamo di incastrare un’ora di corsa.

Non la troviamo mai. La creiamo. La conquistiamo. A volte, la rubiamo.

L’arte della rapina quotidiana

Correre in un mondo sempre connesso è come commettere una rapina quotidiana alla propria agenda appuntamenti. È la sveglia che suona quando fuori è ancora buio e il mondo si divide in due categorie: chi dorme beato e chi, come te, cerca di infilarsi un paio di calzini senza svegliare casa.

È la pausa pranzo sacrificata, consumata in piedi davanti al computer per guadagnare quei 45-60 minuti preziosi. È il “no, grazie” detto a quell’aperitivo perché sai che altrimenti salteresti l’allenamento e domani saresti insopportabile. È alzarsi dal letto quando la mente ti dice “ancora cinque minuti” ma il corpo sa già che se non vai ora, non andrai più.

Ogni corsa è una piccola dichiarazione d’indipendenza. Da cosa? Dalle aspettative altrui, dalle agende imposte, dall’idea che valiamo solo per quanto produciamo in un’ora.

Non puoi comprare il tempo. Ma puoi farci quel che vuoi. Circa

In un mondo dove ogni minuto è misurato, cronometrato, ottimizzato per la produttività, ritagliarsi un’ora per correre diventa un gesto quasi sovversivo. Non stai scappando dalle responsabilità. Stai reclamando il diritto di esistere anche quando non sei utile a nessuno.

Haruki Murakami, che di corsa e di tempo ne sa qualcosa, lo ha spiegato meglio di chiunque altro. Non si tratta di aspettare l’ispirazione o il momento giusto. Si tratta di costruire una routine così solida da diventare parte di te, un’abitudine non negoziabile come respirare o fermarsi per mangiare. Possibilmente seduti.

La sua giornata è scandita dalla scrittura e dalla corsa. Non perché abbia più tempo degli altri, ma perché ha definito le sue priorità con una chiarezza spietata e meravigliosa.

Correre è un gesto politico

La corsa, vista da questa prospettiva, smette di essere solo sport e diventa qualcosa di più profondo. È il momento in cui stacchi la spina dalle notifiche, dalle email urgenti che non lo sono mai davvero, dalle richieste che possono aspettare ancora un’ora.

Per quei 45-60 minuti, il tuo unico capo è il ritmo del respiro. Il tuo unico obiettivo è il prossimo lampione, la prossima salita, il chilometro che sta per scattare sul GPS. Sei irraggiungibile. E in un mondo iperconnesso, l’irraggiungibilità è la forma più pura di libertà.

Se ci pensi bene, la misurazione del tempo attraverso gli orologi ci ha trasformati in esseri cronometrati più che liberi. Eppure, in questa gabbia che ci siamo costruiti con le nostre stesse mani, possiamo ancora trovare varchi e la corsa è uno di questi.

Il paradosso del tempo che si dilata

C’è qualcosa di magico nel fatto che la corsa sia l’attività che più di tutte si misura col tempo (ogni runner sa che ogni secondo guadagnato è una vittoria), ma è anche quella che, quando la pratichi con spirito libero, ti fa dimenticare completamente l’orologio.

È come se il tempo si sospendesse, o si dilatasse. I pensieri si chiariscono, le preoccupazioni si ridimensionano, le idee migliori prendono forma. È quello che succede quando smetti di correre contro il tempo e inizi a correre nel tempo, con il tempo, per il tempo.

La manutenzione dell’anima

Non fraintendermi: non c’è nulla di eroico in tutto questo. È pura e semplice manutenzione. Come portare l’auto dal meccanico o fare la revisione della caldaia. Solo che qui stai facendo manutenzione all’anima.

È il modo che abbiamo trovato per svuotare la cache del cervello, per elaborare i pensieri che durante il giorno si accavallano come macchine in tangenziale all’ora di punta. È uno spazio di silenzio e fatica dove tutto può finalmente sedimentare, dove puoi tornare a essere te stesso senza filtri e senza aspettative.

Il privilegio di fermarsi per ripartire

E se hai il tempo per correre, allora sì: sei privilegiato. Ma non nel senso che tutti pensano. Non perché hai meno impegni o più soldi. Ma perché hai capito che il tuo benessere merita uno spazio. E ogni volta che lo difendi da tutto il resto, stai facendo qualcosa di rivoluzionario.

Certo, a volte non si riesce. Altre volte serve lottare con i denti per ritagliarsi quella manciata di qualche decina di minuti, magari all’alba, magari di sera tardi quando tutti stanno cenando. Ma quando succede, quando riesci a conquistare quel tempo, è una forma di felicità. Non esplosiva, non instagrammabile. Ma reale, profonda, duratura.

La lezione più importante

Correre ti insegna una lezione fondamentale: il tempo non si trova, si crea. Non si eredita, si conquista. Non arriva da solo, va cercato, protetto, difeso dalle mille distrazioni che ogni giorno cercano di portartelo via.

Ogni volta che esci per correre, stai dicendo al mondo: “Per quest’ora, non rispondo. Non ci sono per nessuno. È la tua ora di vacanza quotidiana. Ma proprio in quel momento ci sei più che mai per me stesso. È un atto di amore verso te stesso che si riflette su tutto il resto. Perché quando torni a casa, dopo quell’ora rubata al caos quotidiano, sei una persona migliore. Più presente, più disponibile, più centrata.

La Dichiarazione d’Indipendenza

Ogni corsa è una firma su una dichiarazione d’indipendenza personale. Dalle aspettative, dalle agende altrui, dall’ansia da prestazione che ci accompagna anche nei momenti che dovrebbero essere nostri. È il modo più semplice e più efficace per dire: “Esisto anche quando non produco nulla”.

E questa, oggi, è una rivoluzione. Silenziosa, personale, ma tremendamente potente.

Un passo dopo l’altro verso la libertà

Non esistono formule magiche. Ognuno deve trovare il proprio modo per reclamare il tempo. La corsa è solo uno dei modi possibili ma è uno di quelli che funzionano meglio. Perché è fisica, viscerale, incarnata. Ti ricorda che sei qui, che respiri, che il tuo corpo ha bisogno di spazio quanto la tua mente.

E forse, più di tutto, ti ricorda che il tempo non si compra. Non si trova per caso. Si conquista. Un passo dopo l’altro, un respiro dopo l’altro, una corsa dopo l’altra.

La prossima volta che qualcuno ti dirà “beato te che hai tempo per correre”, puoi sorridere. Perché non è fortuna, non è caso, non è privilegio nel senso tradizionale del termine. È una scelta. Una scelta che a volte costa fatica, sonno, qualche rinuncia. Ma il premio è inestimabile.

È un’ora in cui non sei un professionista, un genitore, un partner, un figlio. Sei solo un corpo in movimento, una mente che si libera, uno spirito che si riconnette con se stesso.

E questo, oggi, è il lusso più grande che esista.

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