Il Personal Best ha rotto – Io amo il Personal Best

Oggi ascoltavo Deejay Training Center su Radio Deejay. C’erano Linus, Cassani e Baldini che parlavano di personal best, ma non dei loro personal best. Del “Personal Best” e di quanto, in fondo, abbia rotto.
Diceva Cassani (mi pare) che in America quando hai finito una gara nessuno si sogna di chiederti che tempo hai fatto. Ti chiedono “Did you have fun?”. Ti sei divertito?

Cosa è *veramente* il personal best

Letteralmente, è il miglior tempo personale. Può essere ufficiale, quindi certificato e cronometrato in gara oppure puoi averlo rilevato te stesso (ehi, non vale barare!). Insomma, in termini cronometrici e oggettivi misura la prestazione individuale. Il problema è che il suo culto è degenerato negli ultimi tempi. Qui ti chiedono sempre “Ma tu a quanto vai? Che tempo fai? CHE PERSONAL BEST HAI?”. Io non so nemmeno quale sia il mio, tanto trascurabile è sia per me che in valore assoluto. Il fatto è che spero sinceramente che se anche fosse migliore di quello di Kipsang vorrei essere tanto bravo da fregarmene.

Perché il personal best non è una misura importante e in fondo non conta niente

Cassani diceva invece un’altra cosa interessante: che una volta ha notato che bastavano 5 battiti in meno in allenamento per “avere sensazioni completamente diverse”. Superati quei 5 battiti soffriva ed era concentrato solo sulla sopportazione del dolore, 5 battiti in meno e si stava godendo il paesaggio e la corsa (in bici, in quel caso). Pare così poco, eppure.

Cosa vuoi dimostrare?

Il personal best indica un tuo record personale. Il che significa che con buona probabilità ce ne sono tantissimi che ti battono, ma non è questo il problema. Spero che misurandotelo tu ne sia consapevole, perché di misurarselo si tratta in fondo, no?
No, non solo questo. Perseguirlo ossessivamente distingue anche la capacità di un runner di godersi la corsa o di esserne schiavo. Schiavo di prestazioni assurde che chiede a se stesso per misurarsi in confronto ad altri. Come se si trattasse sempre di dimostrare d’essere un po’ meglio di un altro, ammesso che essere più veloci lo dimostri.
Ho sentito di gare in cui in premio non c’era niente (niente) se non la bellezza di correre assieme ad altri in cui c’era chi scalciava e strepitava “Perché sono qui per fare il PB. Fammi largo”.
Che vita simpatica devi avere fratello mio.

Ogni giorno cerco d’essere meglio del mio io di ieri

Non so se si possa definirlo un personal best. Diciamo che ogni giorno cerco di migliorare il mio, e non parlo solo di quello in gara. Dico che il concetto positivo di Personal Best (che c’è, esiste) è “Il meglio che posso fare”. E posso superarlo ogni giorno, per esempio allenandomi, se parliamo di corsa. Io stesso che di certo non corro forte so che posso andare più forte se mi alleno e so anche come allenarmi. Alla fine la scelta di correre rilassato o di fare un allenamento tirato è solo mia.
Lo dice anche Meb Keflezighi (che di essere veloce ne sa qualcosa, dopo aver vinto Boston quest’anno): “Vincere significa dare il meglio di te stesso.”.
Non dimenticare mai che il primo avversario che devi battere sei te stesso, questo è fondamentale. Ogni giorno posso essere (puoi essere anche tu, tutti possiamo esserlo) un po’ meglio di ieri.
Più veloce, più buono, più disponibile, più simpatico.
Come di certo non è quello che ti chiede qual è il tuo personal best.
“Dude, take it easy. Life is not a race”.

(Photo Credits from Flickr by stuart anthony)

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3 Commenti

  1. Ma perché ci deve essere sempre qualcuno che giudica gli altri per quello che fa? Chi può dire se uno si diverte se corre senza l’ossessione del pb oppure il contrario? Ognuno corre con le proprie motivazioni.

  2. Ma perché ci deve essere sempre qualcuno che giudica gli altri per quello che fa? Chi può dire se uno si diverte se corre senza l’ossessione del pb oppure il contrario? Ognuno corre con le proprie motivazioni.

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