Lo stress ti fa correre meglio

Non sarai mai veloce come un top runner ma puoi usare la mente nella stessa maniera: efficiente

Che la corsa non sia un fatto puramente meccanico ma soprattutto psicologico lo si sa. Si sa quanto faccia bene alla mente e che benefici prolungati assicuri al tuo benessere mentale. Forse è meno indagato quanto il nostro stato mentale influisca sulla qualità della corsa, o forse ci facciamo meno caso.

Ne discutevamo nella riunione quotidiana delle 4.39 (del mattino) chiedendoci quanto influisca la pressione psicologica pre-gara che i top-runner subiscono e devono gestire. Una pressione composta da diversi elementi: la competizione, gli sponsor, i familiari, le aspirazioni personali, il cospicuo montepremi (variabile da maratona a maratona, ma sempre nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro). Un insieme insomma delle aspettative che ha il mondo quando guarda correre un top runner come Kipchoge o Kipsang. In fondo si tratta degli uomini più veloci del mondo sulle lunghe distanze e noi tutti li osserviamo sapendo che non saremo mai veloci come loro ma che, allo stesso tempo, loro sono i simboli delle possibilità umane: io e te non saremo mai altrettanto veloci e resistenti ma la razza umana ce la può fare.

E comunque in definitiva ci piace sognare con loro, criticarli, constatare che anche loro falliscono, che non sempre battono il record del mondo, che si ritirano per problemi fisici. Perché anche gli dei precipitano.

Ecco: non stiamo parlando di dei. Kipchoge poteva avere problemi di stomaco o l’influenza il giorno della maratona mentre una divinità non si ammalerebbe mai. Poteva aver litigato con la moglie, poteva avere mille altri problemi tali da compromettere la sua prestazione. Aveva inoltre la pesantissima pressione data dalla duplice sfida che lui stesso aveva lanciato nel maggio scorso più o meno esplicitamente: provare a scendere sotto le due ore a Berlino dopo che non c’era riuscito “in atmosfera controllata” a Monza nel maggio scorso e battere il sé stesso di qualche mese prima. Dimostrare che il Breaking2 non era un tentativo di record costruito a tavolino ma senza alcun valore perché le gambe erano le sue e lui aveva corso 42.195 metri arrivando a sfiorare con un dito le 2 ore secche.

Senza contare la concentrazione mentale che serve per dare il 110% in quelle 2 ore e qualche manciata di minuti. La somma di tutto ciò è il peso che si caricano sulle spalle i top runner, oltre a quello della gara in sé, che già da solo non scherza.

Eppure il DNA è lo stesso

Abbiamo poco in comune con loro: i nostri fisici si assomigliano formalmente ma non sostanzialmente, ma c’è qualcosa che possiamo allenare esattamente come loro: la psiche. È quasi scontato che loro abbiano un mental coach – come si chiamano gli psicologi che aiutano a mettere in prospettiva i problemi, a concentrarsi sull’attimo della gara, a costruire la resistenza mentale. Eppure credo che una parte della preparazione psicologica all’evento e alla sua gestione sia imputabile alla capacità che hanno di canalizzare gli stimoli.

Vedila da questo punto di vista: le pressioni possono angosciarti e sconfortarti ma possono allo stesso tempo stimolarti a fare meglio. In altre parole, possono essere canalizzate e sfruttate per produrre energia positiva invece che drenarti la mente e sfiancarti psicologicamente. Credo che i top runner siano allenati anche a fare questo: prendere tutte le energie negative e farle diventare positive. Sono dei trasformatori viventi di emozioni.

Credo anche che a volte inconsciamente lo siamo anche noi. Ci pensavo correndo una domenica: non avevo pensieri, avevo tempo, pensavo dal giorno prima al mio lungo del fine settimana. Quando l’ho corso però ero completamente scarico e demotivato. Può capitare ma ho notato che spesso capita quando ho tempo e sono rilassato. Troppo rilassato, aggiungo.

Le condizioni a margine sono perfette: il tempo meteorologico e quello materiale, la serenità d’animo e la rilassatezza generale. Eppure esci a correre e ti annoi o vorresti raccogliere margherite o fare altro. Cosa succede? Succede che non sempre la serenità mentale concide con l’assenza di preoccupazioni. La condizione di equilibrio psicologico è più che altro data dalla capacità di gestire i problemi, non dal non averne. E quando ne hai (e *fortunatamente* tutti ne abbiamo, chi più, chi meno) puoi imparare a usarli come carburante invece che come freno.

Ne ho avuto la conferma spessissimo, quando invece che essere rilassato andavo a correre nell’unica ora libera del giorno, in mezzo a impegni e pensieri: così ho fatto alcune delle corse più belle della mia vita, più liberatorie e perfette. Sulla carta le condizioni erano le meno favorevoli, sulla strada erano perfette. Ecco perché dico che inconsciamente e senza training psicologico tutti noi possiamo essere come i top runner: a volte sappiamo incanalare i flussi negativi e trasformarli in positivi. Come per magia. Quella della corsa, ovviamente.

Photo credits lucas Favre

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