Negli ultimi tempi ho preso gusto a fare un gioco mentale e linguistico. È molto semplice ed efficace e si basa sull’influenza che il pensiero ha nella vita quotidiana.
“Quello che siamo è il risultato di ciò che abbiamo pensato” diceva Buddha e pur non essendo buddista questa frase mi ha sempre fatto riflettere. Se pensare negativo, per esempio, aumenta le possibilità che il risultato dei tuoi sforzi – o delle tue inerzie – sia proprio negativo, perché non pensare positivo in primo luogo?
Ora non citerò Jovanotti e il suo Penso Positivo. Quello che mi è venuto in mente è diverso e non c’entra con l’ottimismo ingiustificato. C’entra con un diverso atteggiamento mentale e linguistico.
Arrivo al punto.
L’esercizio che mi sono imposto è questo: non usare mai negazioni nei ragionamenti che faccio.
Il più semplice è “Non ce la farò mai” o “Non è possibile (farcela, riuscirci, ecc.).
Se penso in chiave positiva già dalla costruzione del ragionamento e poi nel modo di esprimerlo qualcosa può cambiare?
Sì, cambiano molte cose.
Il marketing applicato
Una volta vidi un film che si chiamava “Il negoziatore” o qualcosa del genere. Non ne ricordo praticamente niente salvo una cosa che mi insegnò dei negoziatori: quando parlano con i sequestratori non devono mai usare forme negative. Qualsiasi diniego, negazione, ostacolo è bandito. Ogni pensiero deve essere positivo, possibilista, realistico e realizzabile.
Una buona tecnica di marketing si fonda su questo atteggiamento: parlare solo dei lati positivi di un prodotto, minimizzando o eludendo quelli negativi. Come potrebbe essere altrimenti del resto?
E la corsa cosa c’entra?
Sei arrivato fin qui e giustamente ti chiedi dove voglio andare a parare e cosa c’entra la corsa. Ora ci arrivo.
Se fai attenzione in entrambi i casi che ho citato prima – il negoziatore e il marketing – le negatività non vengano annullate ma restano sullo sfondo. Tutti sanno che ci sono ma qualche magia le relega nell’ombra. Sia il negoziatore che il sequestratore sanno che la cosa, per l’uno o per l’altro, potrebbe finire malissimo; il responsabile marketing e il consumatore sanno che ogni prodotto ha dei difetti, ma magicamente questa constatazione può essere sospesa. Rimane nell’ombra e nessuno, momentaneamente almeno, ci fa caso.
Come è potuto avvenire questo rovesciamento di prospettiva? Grazie al linguaggio: l’uso di parole diverse ha creato una realtà diversa, o almeno la percezione di una realtà diversa.
La realtà in sé non è cambiata ma è cambiato radicalmente l’atteggiamento che si ha verso una certa situazione.
Partendo da questo presupposto mi sono chiesto se evitare di usare negazioni nel pensare alla realtà poteva cambiare qualcosa.
Siccome questa operazione avviene solo a livello mentale, a esserne modificata è solo la percezione che hai di una certa situazione. Quello che però accade nella tua testa è straordinario: lo sforzarti di pensare il più possibile positivo ti obbliga a uno sforzo mentale non indifferente. Perché si è più portati a essere pessimisti e negativi? Perché è più facile e si fa meno fatica, punto.
Se invece ti sforzi di non pensare mai in termini negativi e soprattutto di trovare parole per esprimere la tua prospettiva su una certa realtà solo in termini positivi la vedrai improvvisamente sotto una luce diversa, capace di illuminare tutte le zone d’ombra di una situazione. In quelle zone ci sono tutte le possibilità che non avevi considerato perché ti eri concentrato solo su quelle più problematiche e negative.
Ok, ma in pratica?
Riassumendo: questa tecnica non nega che esistano aspetti negativi in una situazione ma decide solo di metterli sullo sfondo. Loro continuano a esserci ma non in primo piano.
Un caso tipico? “Non riuscirò mai a scendere sotto i 5 min/km”. Questa è la tipica considerazione che predispone già il tuo cervello a istruire il tuo corpo che è inutile sforzarsi tanto, perché non ce la farai mai. Infatti non ce la farai perché partirai scarico o non partirai neppure.
Se releghi in secondo piano l’impossibilità di scendere sotto i 5 min/km (che continui a sapere essere molto realistica) e riformuli dicendoti “È molto motivante qualsiasi tempo io riesca a fare inferiore a quello medio attuale” ti apri la strada a migliorare e correre più velocemente, poco alla volta.
Una tecnica simile viene usata da alcuni coach: invece che stabilire dei traguardi per le persone che allenano li invitano a dirsi “Voglio vedere se riesco a”. Se riesco a correre più forte, se riesco a non fermarmi mai, se riesco a correre con la pioggia.
È evidente che la costruzione del pensiero stesso è diversa da quella della constatazione negativa: il “voglio vedere” è attivo, o proattivo, come direbbe qualcuno: è un atteggiamento che mira a porre le basi per una soluzione positiva.
Mentalmente ti permette di spostare la sfida dalla realtà a te stesso: il “voglio vedere” indica curiosità e senso di sfida verso se stessi. Non stai più cercando di battere un tempo astratto ma te stesso: quello più lento di ieri.
Del resto lo diceva anche Bruce Lee: “Egli è poiché pensa di essere”. Non è perché si è allenato, perché ha vinto, perché ha battuto un altro. È diventato qualcuno perché prima di tutto ha pensato di essere quello che voleva divenire.
La forza del pensiero non cambia la realtà delle cose ma cambia il tuo atteggiamento verso di esse e del resto si sa: non conta ciò che ti succede ma come lo affronti. Cambia le parole che usi e cambierà il tuo pensiero. Cambia il tuo pensiero e cambierai il modo di affrontare la realtà. Se il tuo pensiero è positivo sai già come può cambiare la percezione che ne hai.
Buon cambiamento a te.
(Photo by Alexander Krivitskiy on Unsplash)