Poche emozioni hanno una fama peggiore dell’ansia. Quando ti prende, il battito cardiaco aumenta, il respiro si accorcia, la vista si annebbia. Hai improvvisamente l’impressione di trovarti in una spiacevole sensazione, senza vie d’uscita.
Fra tutte le emozioni che puoi provare, uno dei primi posti fra le peggiori è sicuramente suo.
C’è chi la sa gestire più o meno bene, c’è chi la controlla e la domina e chi ne è sopraffatto ma una cosa è certa: chiunque l’ha provata almeno una volta nella vita. Quando si parla d’ansia, tutti sappiamo a cosa ci si riferisce.
Cosa penseresti se ti dicessimo che tutta questa pessima reputazione non è affatto meritata e che dovremmo esserle più grati? Che siamo impazziti? Non ti potremmo biasimare perché anche noi la prima volta che abbiamo sentito parlare la psicologa Tracy Dennis-Tiwary non le davamo molto credito. Poi, ascoltandola con attenzione, abbiamo capito che forse, ma non sarà mai, e se fosse? E se fosse che abbiamo sempre scambiato per nemica una nostra alleata?
A cosa serve l’ansia?
Potremmo descrivere questa emozione dagli effetti che ha sul tuo corpo e sulla tua mente: battito accelerato, respiro corto, sensazione di non avere scampo e di essere sopraffatti da qualcosa di incomprensibile ma pauroso.
Ciò che l’ansia ci provoca è un riflesso ancestrale che ci riporta alle sue origini: i nostri antenati la incontrarono quando si sentivano minacciati da bestie feroci, quando dovevano scappare, quando dovevano difendersi o attaccare i propri simili.
Oggi viviamo a livello fisico e mentale lo stesso cambiamento di stato che vivevano loro: allora il fisico cambiava assetto per fuggire o cacciare e la mente si concentrava nel fare una sola cosa, tipo salvarsi la pelle. Solo che oggi non dobbiamo più cacciare o scappare da belve feroci e allora trasformiamo quella sensazione ancestrale di pericolo in stress.
Per quanto si siano evoluti, la nostra mente e il nostro corpo hanno ancora reazioni antiche a situazioni di disagio. Ebbene sì: siamo più evoluti dei nostri antenati ma non abbastanza da aver aggiornato il nostro apparato emotivo per un mondo in cui la carne non la devi cacciare ma la trovi in comode vaschette al supermercato. Reagiamo come millenni fa, anche se le condizioni ambientali sono completamente diverse.
Come è definita l’ansia?
L’ansia è la percezione di un pericolo futuro ed è strettamente legata alla paura, che è invece la reazione a un pericolo presente. Vuoi un esempio? Se ti trovi su un sentiero da trail e vedi una vipera, sperimenti la paura; se pensi che nel trail che farai domani o fra un mese potresti incontrare una vipera hai ansia.
Quindi l’ansia è solo un modo per prepararsi a una situazione pericolosa? In un certo senso sì, ma prova a concentrarti sull’intera frase: l’ansia “ti prepara”, non anticipa la paura, cioè non ti fa provare paura. Ti mette a disagio per prepararti, non per il gusto di farti star male.
Inizi a capire che l’ansia non ti vuole male, anzi?
Perché odiamo l’ansia
La risposta più immediata è ovvia: la odiamo ed evitiamo perché ci mette a disagio, ci fa stare male.
Il motivo più profondo è invece da ricercarsi nel rapporto che abbiamo – per formazione o per natura – con le sensazioni spiacevoli: non sappiamo più interpretarle per lo scopo che hanno (farci capire che siamo insoddisfatti di qualcosa, prepararci a una prova futura ecc.) ma vogliamo solo soffocarle.
Pensa a come definiamo la condizione della nostra mente: “salute mentale”. Non trovi che abbia una connotazione un po’ troppo medica? Non ti fa pensare che quando si parla di mente si parla di qualcosa che è per forza malato e che deve essere aggiustato?
Oggi rifiutiamo questi stati d’animo, definendoli all’interno di un contesto medico che quindi si può controllare e combattere con farmaci o terapie.
Quello che secondo la dottoressa Tracy Dennis-Tiwary dovremmo fare è, invece, da una parte valutare l’ansia per ciò che è (timore della proiezione futura di qualcosa che non si è ancora verificato e che non è detto che si verifichi) e dall’altra sfruttarla per prepararci ad affrontare qualcosa che potrebbe essere difficile e faticoso, o peggio.
L’accento è spostato dalla rimozione dell’ansia all’impiego della stessa per prepararsi ad affrontare una situazione impegnativa. In questo caso il verbo più importante è “prepararsi”, e non è casuale: come ci si prepara a una prova? Beh, dovresti saperlo bene: ci si allena ad affrontarla e a superarla.
È per questo che la dottoressa propone di non chiamarla più “salute mentale” ma “benessere mentale” (mental fitness): per raggiungere questo stato bisogna quindi allenare la resistenza e la preparazione alle situazioni di ansia e stress, non cercare di fuggire. I farmaci ti propongono una via d’uscita che allontana il problema ma non lo risolve (finito l’effetto, il problema è sempre lì) mentre fortificare la mente ti permette di affrontarlo con risolutezza. O almeno con più capacità di difenderti.
È infine importante notare che la salute mentale non significa assenza di emozioni e sentimenti negativi ma capacità di affrontarli. Non a caso si parla di benessere, non di rimozione di pensieri negativi.
Un ultimo aiuto (dell’ansia)
Ci sono poche certezze nella vita ma una di queste è che il futuro non è prevedibile e potrebbe riservarti incertezze e difficoltà. Non è detto ma è probabile, molto.
Prova a immaginare ora, dopo tutto quello che si è detto sin qui, a cosa serve veramente l’ansia: non a metterti a disagio e a farti star male adesso ma anzi, a prepararti a una condizione futura che potrebbe essere impegnativa. Te la fa prevedere (l’ansia, ricorda, è sempre una proiezione) e ti fa immaginare quali soluzioni potresti mettere in atto per risolverla.
Se non provassi ansia ti troveresti improvvisamente di fronte a qualcosa che non avevi previsto e riusciresti solo, a quel punto, a provare una tremenda paura. Con quale risultato? Scapperesti, senza risolvere niente.
Se invece sarai stato capace di usare l’ansia per prepararti non proverai paura: ti troverai a dover gestire una situazione che almeno sommariamente avevi previsto e potrai tentare di risolverla. Molto probabilmente riuscendoci.
Chi dovrai ringraziare a quel punto? Le tue capacità, certamente. Ma anche la più inaspettata alleata: la tua ansia.