Cinque infortuni che non dovresti mai ignorare

Scopri i segnali d’allarme da non ignorare nella corsa: dalla fascite plantare alle fratture da stress, ecco quando fermarsi per tornare più forti.

Addentriamoci un po’ nel lato oscuro della corsa, quello meno eroico e poetiche delle albe sui lungomare e più vicino al suono sordo del ginocchio che scricchiola o al dolore lancinante sotto il tallone. Parliamo di infortuni. Anzi, di quegli infortuni che è meglio non liquidare con un’alzata di spalle e un “tanto passa”.

Succede quasi sempre così: un giorno qualunque, le scarpe allacciate, e la solita voglia di dimenticare tutto correndo. I primi chilometri scorrono lisci, il fiato regge, le gambe pure. Ma poi qualcosa si inceppa. Non è un dolore forte. È più una fitta sottile, un fastidio che parla sottovoce. E tu? Continui. Perché sei abituata/o ad andare avanti. Perché “non sarà niente”. Spoiler: sarà qualcosa.

Lo so, lo so. Sei lì, magari seduto sul divano con una borsa del ghiaccio appoggiata dove ti fa male, a leggere queste righe sperando segretamente che ti dica che quel dolore è solo frutto della tua immaginazione o di una posizione yoga particolarmente sfortunata assunta nel sonno (durante il sonno si fa ottimo yoga inconsapevole!). Oppure sei uno di quelli (beato te, o forse solo più fortunato finora) che non ha mai conosciuto infortuni.

La verità è che il corpo ci parla continuamente, ma spesso facciamo finta di niente. Ignoriamo. Mettiamo il dolore in pausa, come fosse una notifica molesta. E invece ci sono infortuni che non si devono ignorare.

L’ostinazione non è una virtù

La verità è che noi runner abbiamo un rapporto… complicato con il dolore. Un po’ come certi personaggi dei romanzi russi, tendiamo a contemplarlo, a interrogarlo, a volte persino ad abbracciarlo come parte integrante dell’esperienza. “No pain, no gain”, si usa dire, no? C’è una certa epica nel superare la fatica, nel sentire i muscoli che bruciano, nel fiato che manca. È il segno che siamo vivi, che stiamo facendolo bene. E questo ci rende terribilmente bravi a ignorare i segnali.

Nel mondo della corsa c’è una mitologia diffusa: quella del “resistere a ogni costo”. C’è chi si vanta di aver corso una mezza con una contrattura, chi ignora il dolore cronico al ginocchio da mesi, chi non si ferma neanche se ha la caviglia gonfia come un melone. Il problema? Non è resilienza, è negazione.

Siamo maestri nell’arte dell’auto-inganno biomeccanico. Solo che siamo pure come auto: se ignori la spia di allarme, preparati a rimanere a piedi in mezzo al nulla.

I segnali rossi lampeggianti

Ci sono dolori e dolori, intendiamoci. C’è la normale indolenzimento post-allenamento, quello che ti fa scendere le scale come se avessi 85 anni. Quello è ok, fa parte del gioco. E poi ci sono quelli. I segnali rossi lampeggianti. Quelli che ti dicono “Fermati. Adesso. E forse per un po’”. Ignorarli non ti rende più forte o eroico. Ti rende solo stupido, e potenzialmente ti garantisce una lunga, lunghissima pausa forzata.

Quali sono, dunque, questi maledetti segnali che non dovresti mai fare finta di non vedere?

1. Fascite plantare

Quella fastidiosa fitta sotto il piede che senti la mattina appena scendi dal letto? Quasi sempre è lei. E no, non passa da sola. Se ignorata, si cronicizza. Il risultato: settimane (a volte mesi) senza correre e con il tallone che grida vendetta ogni volta che metti piede a terra.

La fascite plantare severa e persistente è comune, quasi un rito di passaggio per molti. Spesso si gestisce con stretching, riposo, plantari. Ma se il dolore è lancinante, non passa nonostante le attenzioni, ti impedisce di camminare normalmente o altera il tuo modo di correre, non fare l’eroe. Potrebbe cronicizzarsi, crearti problemi posturali o, peggio ancora, mascherare altri problemi più seri come, indovina un po’, una frattura da stress al calcagno.

2. Sindrome della bandelletta ileotibiale

Colpisce spesso chi aumenta troppo in fretta chilometri o intensità. Il dolore si presenta lateralmente al ginocchio, e cresce finché ti obbliga a fermarti a metà corsa. Non ignorarla: la soluzione non è “stringere i denti”.

3. Tendinite d’Achille

Il tendine più famoso del mondo (e quello più esposto a infortuni). Se lo senti tirare troppo, se inizia a dolere appena ti alleni, c’è un solo consiglio sensato: fermati. Continua a usarlo e rischi rotture. Letterali, non solo metaforiche.

La tendinopatia Achillea è seria roba. Il tendine d’Achille collega il polpaccio al tallone ed è, come intuirai facilmente, un po’ fondamentale. Se si infiamma (tendinite) o, peggio, degenera (tendinosi), sono guai. Il dolore lo senti dietro il tallone, in modo molto intenso al mattino appena scendi dal letto o all’inizio della corsa. Può esserci gonfiore, rigidità. Se ignori l’infiammazione cronica, rischi la rottura. E la rottura dell’Achille è un evento traumatico, doloroso, e con tempi di recupero biblici. Non è una cosa che si risolve con un po’ di stretching in più.

4. Fratture da stress

Colpisce chi accumula troppi carichi senza adeguato recupero. Dolori ossei persistenti (spesso su tibia o metatarsi) sono segnali d’allarme veri. La corsa non è sempre “liberazione”: a volte è carico, e il carico va gestito.

Primo in classifica, quello che spaventa di più: la frattura da stress. Non è l’osso rotto come quando cadi dallo skateboard (cosa che, se hai passato i quaranta, dovresti comunque evitare), ma una crepa sottile, una micro-frattura causata da stress ripetuto. Pensa a piegare un filo di ferro avanti e indietro sempre nello stesso punto: prima o poi cede.

I punti di frattura più classici si concentrano nella tibia, metatarsi (le ossa lunghe del piede) e femore. Come la riconosci? Di solito è un dolore molto localizzato, che peggiora drasticamente con l’attività e migliora (ma non scompare del tutto) col riposo. Non è un dolore che senti ovunque; è . Premici sopra e vedrai le stelle. Ignorarla può portare a una frattura completa, e a quel punto il problema diventa molto più difficile da gestire.

5. Pubalgia

Fastidio profondo nella zona inguinale, che aumenta con il movimento e ti accompagna anche a riposo. È un infortunio subdolo, che si presenta lentamente e poi diventa ospite fisso. Risolverla richiede lavoro, pazienza e il coraggio di fermarsi.

Segnali da non trascurare mai

Qualsiasi dolore che sia accompagnato da intorpidimento, formicolio o debolezza. Questo è un segnale che potrebbe esserci un nervo coinvolto. I nervi non amano essere compressi o irritati. Un dolore che scende lungo la gamba, un piede che si addormenta mentre corri (e non perché sei esausto), una sensazione di debolezza improvvisa in un arto sono tutti ottimi motivi per fermarsi.

Infine, direi qualsiasi dolore (anche al ginocchio, all’anca, alla schiena) che sia persistente, non migliori col riposo iniziale, e soprattutto peggiori con l’attività di corsa, magari in modo progressivo. Il “runner’s knee” (dolore intorno alla rotula) o la sindrome della bandelletta ileotibiale possono essere fastidiosi, ma se il dolore diventa invalidante, ti impedisce di fare le scale, o non migliora dopo qualche giorno di stop e ghiaccio, c’è qualcosa che non va e che va indagato per capire la causa a monte (spesso un problema di biomeccanica, forza o flessibilità).

Fermarsi non è fallire

Il corpo non è un nemico da superare, ma un alleato da ascoltare. Fermarsi non è un atto di debolezza, ma un gesto di rispetto. Perché correre – davvero – non è solo “fare chilometri”, è costruire un dialogo onesto tra testa, cuore e muscoli.

Morale della favola? Ascoltare il proprio corpo non è un segno di debolezza, è saggezza. È capire quando la conversazione col proprio organismo passa dal dialetto amichevole dell’indolenzimento al linguaggio universale e inequivocabile del “mi sto rompendo”. Ignorare questi segnali non ti farà tagliare il traguardo più velocemente la prossima volta; molto probabilmente, ti impedirà di tagliare qualsiasi traguardo per un bel po’. E stare fermi, lo sai, è la vera punizione per un runner.

E se sei ferma/o ora, se stai leggendo con il ghiaccio sulla caviglia o la ginocchiera in vista, sappi che la tua corsa non è finita. Sta solo prendendo una pausa necessaria.

Il dolore non va ignorato, ma capito. Perché ogni corsa è un dialogo, e un infortunio – a volte – è solo il modo che ha il corpo per dire: “Ehi, parliamo un attimo prima di ripartire?”

Non lasciare che un po’ di testardaggine ti condanni a una pausa più lunga e dolorosa del necessario. Meglio fermarsi un attimo per capire, che fermarsi per mesi perché hai fatto finta di niente. La corsa è un viaggio lungo, e a volte include soste impreviste. Accettalo, e ripartirai più forte di prima. Magari non subito, ma tornerai a correre.

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