Scarpe da running vs borsa Birkin: il confronto che non ti aspetti

Confronto (non richiesto, ma illuminante) tra EVA, pelli pregiate e marketing del lusso

C’è un momento in cui bisogna smettere di parlare in astratto e cominciare a guardare i numeri. È come quando inizi una relazione e dopo le prime uscite spensierate, arriva il momento in cui si parla di futuro. O di bollette. Ecco: oggi si parla di bollette. O meglio, di quanto costa davvero una scarpa da corsa. E di quanto costa produrre una borsa di lusso.

Spoiler: nessuna delle due ti “inganna”. Ma entrambe – in modo sorprendentemente onesto – ti vendono una promessa. Solo che una te la fa sudare. L’altra ti guarda dall’alto e sorride.

La scarpa da running

Prendiamo una scarpa da running mediamente costosa. Costo al pubblico: 160 euro, magari anche 180 (nel 2025 tutto è più caro).

Ecco come si compone il suo prezzo (sono valori medi e possono variare, prendili quindi con una certa elasticità):

  • Costo industriale (materiali, manodopera): 32-40 euro
  • Spedizioni, dogane: 6-8 euro
  • Prezzo al rivenditore: circa 80 euro
  • Marketing e ricerca & sviluppo (R&D): 10-15 euro
  • Costi aziendali (stipendi, bollette, sede): 20-25 euro
  • Profitto netto del brand: 5-8 euro
  • Margine del rivenditore: 50-60% sul prezzo finale.

Facciamo due conti. Una scarpa che ti costa 160 euro porta nelle casse del marchio un guadagno non poi così esorbitante rispetto al costo finale, o a quanto avresti potuto immaginare. E tutto il resto? Serve a farla esistere. E a fartela trovare.

Ancora una volta: il costo di una scarpa è il risultato di molte variabili e soprattutto di un concorso di competenze e contributi di moltissime persone. Tra questi costi ci sono anche quelli che ti fanno desiderare quella scarpa. Il famigerato storytelling. E anche quello che ti racconta che “questa ti farà volare”. Letteralmente o meno.

La Birkin, ovvero il successo della sottrazione

Ora saltiamo sul tappeto volante del desiderio. Atterraggio morbido in Rue du Faubourg Saint-Honoré, Parigi. Casa Hermès. Parliamo di una Birkin. Prezzo? Diecimila euro. E passa.

Il costo industriale? Circa 1.200 euro. E poi:

  • Distribuzione e retail: 2.000 euro
  • Marketing e posizionamento (tradotto: aura mitologica): 1.500 euro
  • Costi aziendali: 1.500 euro
  • Profitto netto stimato: 3.800-4.800 euro
  • Margine lordo: oltre l’80%

In questo caso, il prezzo che paghi non è solo per ciò che è, ma soprattutto per ciò che rappresenta. Nessuno compra una Birkin per metterci dentro il tupperware dell’insalata. O forse sì, ma solo per far sapere che può farlo.

Faccia a faccia

Arriviamo alla fine di questo paragone improprio mettendole a confronto direttamente. Abbiamo voluto presentarti due estremi, perché a volte oscillare fra valori così diversi fa meglio capire le grandezze in gioco. In entrambi i casi si tratta comunque di beni di consumo con scopi e aure precise. E prezzi decisamente diversi.

Scarpa da running (160€)

Borsa Birkin (10.000€)

Costo industriale

32-40€ (20-25%)

1.200€ (12%)

Distribuzione

6-8€

2.000€

Marketing & branding

10-15€

1.500€

Profitto netto

5-8€

3.800-4.800€

Una è progettata per accompagnarti nei tuoi lunghi. L’altra per entrare nei ristoranti stellati senza dire una parola.

Chi ci guadagna di più?

Dipende. Se misuri il guadagno in euro, la borsa stravince. Se lo misuri in chilometri, la scarpa si riprende il podio. Ecco il punto: nessuna delle due mente. È solo che parlano due lingue diverse. Una vende accesso, l’altra prestazione.

Il lusso deve essere inaccessibile per funzionare. Se non ti fa sentire escluso, non funziona. Quella della Birkin, come giustamente osservano in molti, è un’economia della scarsità indotta: non puoi entrare in un negozio Hermès e uscire con una Birkin e 10-15.000 euro in meno nel conto in banca. Per averla devi entrare in lista d’attesa. E attendere, mesi, a volte anni. È marketing zen: l’assenza è presenza.

La scarpa da corsa invece ha un compito ingrato ma onesto: deve darti qualcosa che puoi sentire. Anche se solo per 600 o 800 km. E deve farlo subito.

Vale la pena?

Non si tratta di convenienza, ma di coerenza con te. Se una scarpa ti dà quella spinta mentale per uscire a correre alle 6 di mattina, magari vale ogni euro.

Se una borsa ti fa sentire come Margot Tenenbaum anche solo per cinque secondi, forse anche quella ha senso. O forse no. Ma sei tu a decidere.

Il mercato ti propone, come un algoritmo romantico. E tu decidi.

A proposito di decidere, permettimi un ultimo appunto: per anni abbiamo letto commenti indignati di chi trovava esorbitanti 250-300 euro per un paio di scarpe con piastra di carbonio. In valore assoluto sono molti soldi ma, come abbiamo visto sin qui, anche quel prezzo ha una sua giustificazione, per lo meno per i modelli del catalogo dell’anno (non a caso puoi trovare quelli degli anni passati molto scontati). Ma c’è un’altro cosa da dire: nessuno ti obbliga a comprarle e nel mercato continui a trovare modelli eccellenti che costano la metà e anche meno.

Non dimentichiamo mai il grande e trascurato potere che hanno i consumatori: quello di non consumare.

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