A tutti piacciono le storie: ci piace raccontarle e ci piace sentirle raccontare. Le storie – diciamo spesso parlando di libri e delle storie che raccontano – ti fanno vivere molte vite. Questo è il loro superpotere: senza essere il loro protagonista puoi immaginarti di vivere una vita che non è tua. Il risultato è che alla tua esperienza esistenziale puoi aggiungerne altre, molte altre: tante quante sono le storie che leggi o che ti vengono raccontate.
Per questo su Runlovers ne abbiamo raccontate e ne raccontiamo tantissime: perché raccontarle significa allungare la vita.
Ci sono almeno due elementi che ci fanno amare i racconti di vite che non sono la nostra: l’identificazione e l’aspirazione (o anche – perché no? – la repulsione). Le storie funzionano perché raccontano esperienze positive ma anche negative. Hanno protagonisti che possiamo amare o detestare.
Quando ci identifichiamo in una storia cogliamo gli elementi in comune che abbiamo con i protagonisti o anche quelli che invece non condividiamo con loro. Si può insomma amare una storia perché si pensa che i suoi personaggi ci rappresentino ma anche perché sono molto distanti da noi. Non è un caso infatti che Darth Vader sia il personaggio negativo più riuscito e – paradossalmente – più amato della saga di Star Wars. Perché? Perché è oggettivamente figo e perché più di altri ci fa immaginare una vita che non è la nostra, fatta di cose che non faremmo mai. Ma che ci attira, eccome se ci attira.
Leggendo e vivendo le storie possiamo immaginare di avere i superpoteri o possiamo superare conflitti interiori grazie all’esempio e alle parole di protagonisti inventati. Amiamo le storie perché ci rispecchiamo in esse: l’immagine riflessa che vediamo potrebbe essere simile alla nostra o completamente diversa ma ci si riconosce e si conosce sia per analogia che per differenza. E non è detto che anche le differenze non ci possano insegnare qualcosa di noi.
Un altro superpotere
C’è un’altra caratteristica di alcune storie che ci piace tantissimo: è la trasformazione. Se ci pensi una storia in cui non ci sono contrasti, cattivi e colpi di scena è noiosissima. Un film d’amore in cui i protagonisti si amano e non litigano mai e passano il tempo a dirsi quanto si amano è una delle cose più noiose che si possano immaginare.
Una storia in cui invece si vive la trasformazione dei personaggi ci piace tantissimo e per un motivo molto semplice: contiene la speranza che le cose possano evolvere e cambiare. Attraverso la trasformazione possiamo vedere e immaginare che le cose possono cambiare. Possibilmente in meglio, s’intende.
La corsa è piena di storie del genere perché è una grandissima forza trasformatrice, sia fisica che mentale. Cambiando le cose e le persone in meglio contiene speranza ed energia. Per questo abbiamo bisogno di sentirci raccontare storie di persone che a un certo punto della vita hanno capito che dovevano cambiare qualcosa, che dovevano trasformarsi.
Ci identifichiamo in queste persone e, alla fine, ci immaginiamo a vivere le loro vite e il loro cambiamento in prima persona. Finché un giorno non lo facciamo anche noi.
E allora potremo passare dall’altra parte e raccontare la nostra storia. Di trasformazione e di speranza.