Boston, 4:09:44

Lo faccio per esserci, non per il tempo. Boston è la maratona più importante del mondo, più di New York. La più vecchia del mondo. Con 500 mila persone lungo le strade che mi inciteranno, daranno il cinque, faranno il tifo per me nei 3 secondi che li incrocerò. Uno spettacolo.

Non è facile spiegare la maratona a chi non l’ha mai corsa, però il momento in cui sei più indifeso e più felice sono i 195 metri finali. Vedi il traguardo. Ormai ci sei. Sei un runner qualsiasi, come tanti, quelli che “chiudono” la maratona in poco più di 4 ore. Però l’hai conclusa. È la felicità.

Le salite ti hanno tagliato le gambe e sei esausto. Indifeso, appunto. Ti eri prefisso di concludere almeno in 3:59:59 ma chissenefrega. È comunque la gara più bella della tua vita e la ricorderai per sempre.

4 ore, 9 minuti, 44 secondi.

Ormai ci sei. Gli ultimi passi li senti tutti però la gioia del traguardo è indescrivibile. E succede quello che non dovrebbe accadere. Mai.

Non vogliamo commentare queste ultime ore. Semplicemente coprire questo arrivo di nero e vederlo con gli occhi di noi runner.

Però se c’è una cosa che la corsa ti insegna è di non mollare mai, concentrarti sull'”ora e adesso”. E se va male ci riprovi. Perché la fatica è questo che ci ha insegnato ed è l’unica cosa che possiamo fare. Ed essere vicini a chi non ce la fa, a chi non c’è più.

Siamo attoniti. Tutti.

Lasciateci ricordare l’arrivo così.

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