Il divano

Un estratto del secondo capitolo del libro di Runlovers "Correre ti cambia (la vita)"

Abbiamo scritto un libro. Dopo tanti anni di Runlovers abbiamo voluto raccogliere in questo oggetto antico eppure sempre attuale fatto con tante pagine di carta (ma c’è anche in versione digitale) il nostro pensiero sulla corsa e sulla vita. Ma non temere: non è un libro che ti vuole insegnare a vivere: non ne siamo capaci (nessuno ne è capace) e non è proprio quello che avevamo in mente. Volevamo parlare di corsa e di come il praticarla ci ha fatto cambiare prospettiva sulla vita. La stessa cosa è accaduta a tantissime altre persone alle quali pensiamo di aver dato voce e la nostra speranza è che la possa cambiare a tante altre che ancora non corrono.

Questo e quelli che seguiranno nelle prossime settimane sono alcuni estratti di Correre ti cambia (la vita). 

Buona lettura.


Capitolo 2 – Il divano

Hai presente la sigla dei Simpson? Se li conosci e l’hai già vista (è davvero possibile il contrario?), sai che vi appaiono tutti e cinque i membri della famiglia: Homer e Marge – cioè il padre e la madre –, e poi i figli Bart, Lisa e Maggie. Se però guardi con più attenzione noterai che c’è anche un sesto personaggio: è il divano. D’accordo, non si tratta di un personaggio vero e proprio: non recita, non parla e non si muove, ma ha un preciso significato, e non è un caso che te lo ricordi perfettamente. È una metafora, precisamente della pigrizia di Homer. Anzi, è l’estensione del suo stesso corpo, tanto da averne anche la forma in negativo, impressa dal suo peso dopo anni e anni passati a guardare la tv.
Quando pensiamo alla pigrizia e alla svogliatezza più totale, nella nostra mente si forma immediatamente l’immagine del divano. E, quando vogliamo giustificare le nostre difficoltà a separarci dal suo morbido abbraccio, invochiamo campi gravitazionali che la fisica non riuscirebbe mai a spiegare ma che ci sembrano dimostrare in modo chiaro perché ne siamo attratti e perché così difficilmente riusciamo a staccarcene.

Visto che ormai ci siamo seduti, tanto vale leggere qualche pagina, per esempio quella del dizionario etimologico, per capire da dove deriva la parola “pigrizia”.
In latino si chiamava pigritia, cioè “indolenza”, con un’evidente connotazione negativa. Il pigro non era quindi solo chi procedeva lentamente anziché velocemente, ma anche chi lo faceva per mancanza di volontà e ambizione. Andando ancora più indietro nel tempo, gli antichi greci usavano la parola argos, contrazione di a-ergos, cioè “colui che non lavora”. In questo caso non c’era però alcuna venatura di giudizio morale, quanto piuttosto una semplice constatazione: da una parte c’è chi lavora, dall’altra chi non lavora.
Però ora basta con i dizionari e vediamo se riusciamo a essere d’accordo su un punto: il pigro è chi non è produttivo oppure, senza inquadrare per forza tutto e tutti in un contesto lavorativo, chi esprime una forza precisa e significativa, quella opposta al movimento.
Il pigro non si muove, il pigro poltrisce, il pigro è statico. Insomma, l’antitesi del dinamico, di colui che si muove.

Senza voler giudicare, c’è un motivo ben preciso che ci fa preferire il divano – e cioè la staticità – al movimento: muoversi costa fatica, e a star seduti non se ne fa alcuna. Del resto la vita moderna, attraverso le comodità e gli agi, è la negazione della fisicità e quindi del corpo. Cosa comporta però dimenticarsi di essere anche corpi e non solo menti? Per capirlo basta immaginare cosa sarebbe successo al genere umano se fosse sempre stato pigro. Non si sarebbe spostato alla ricerca di cibo, non avrebbe inventato strumenti per rendere la caccia più efficace, non avrebbe scoperto nuovi materiali per avere armi sempre più precise e utensili più efficienti, e così via. In sostanza, l’umanità non si sarebbe evoluta, e molto probabilmente oggi non staresti nemmeno leggendo questo libro, per il semplice fatto che i libri non esisterebbero.

[…]


Trovi “Correre ti cambia (la vita)” in tutte le librerie fisiche e anche online

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