Lo sguardo degli altri

Quando sei alla start line, e la tua corsa sta per iniziare, lo sguardo degli altri è qualcosa di cui non ti curi.
Certo, l’occhiata ci sta e si fa: la scarpa davanti a te, l’abbigliamento del runner che ti sta a fianco, il particolare di una t-shirt magari inconsueta. Ma si tratta di un’occhiata fugace e repentina. Lo sguardo, quello vero e profondo che si fissa nella memoria, è altrove. È in un luogo lontano che ogni runner può definire come il suo personale mondo. Fatto di concentrazione pre-gara, voglia di correre e sfidare i propri obiettivi, magari anche ansia.

Adesso immagina

Ora prova a immaginare di essere in perfetta tenuta da runner, magari con quella bella t-shirt arancio fluo visibile anche nella nebbia, le scarpe con inserti catarifrangenti, cappellino o fascia. Ma questa volta non sei alla start line, e nemmeno in giro ad allenarti.
No.
Sei nella piazza centrale della tua città.
E tutti, tutti gli altri, ti guardano. Ed è uno sguardo strano, fatto di stupore, sorpresa, perplessità e magari disapprovazione (“Ma come si permette questo di andare in giro”, “ma che fa”, “è normale?”).
Lo sguardo degli altri diventa qualcosa di cui ti DEVI curare. Qualcosa di poco piacevole, perché non è bello sentirsi osservati. Ancora meno criticati. Fastidioso quando lo sguardo viene fatto “di sottecchi”.

Tu la faresti una corsa così?

Una persona affetta dalla sindrome di Down sa cosa significa avere lo sguardo degli altri su di sé. Ci convive quotidianamente e non può farci nulla. Non ha colpe e ne diventa vittima.
La sua personale start line, come nasce, condiziona la sua corsa. Ed è una corsa irta di ostacoli, in salita, dove si inciampa e spesso rialzarsi non è così facile, e nemmeno immediato. Ed è una corsa ancora più solitaria. Tu la faresti una corsa così?

E in questa corsa complicata ogni passo è un successo, ogni metro raggiunto un traguardo.
Ma poi ci sono gli sguardi. Una persona affetta dalla sindrome di Down diventa il bersaglio degli sguardi altrui: non importa che si tratti di sguardi diretti oppure solo accennati. Sono sguardi fatti di silenzi imbarazzanti ed occhiate di commiserazione, se non quando di sollievo. Sollievo per non essere in in quella condizione. Sollievo per avere il cromosoma giusto al posto giusto.
Ogni metro di quella corsa si fa più complicato, ogni passo più lento e pesante, perchè gli occhi pesano, e molto più delle parole.
Nessuno dovrebbe arrocarsi il diritto di giudicare, tantomeno di farlo con uno sguardo.
Ma capita a tutti noi, magari anche senza rendercene conto.
La diversità, qualsiasi tipo di diversità, fa paura, proprio perchè ignota.

#DearFutureMom

#DearFutureMom è un progetto realizzato da CoorDown-Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down in collaborazione con Saatchi&Saatchi.
È un progetto che nasce da una lettera, scritta da una donna incinta e che ha appena scoperto di portare in grembo un bambino con la sindrome di Down.
La risposta è affidata a 15 ragazzi Down di tutta Europa.
Guardalo qui

Ti sei commosso? Io sì.
Ma la commozione fine a sé stessa non basta e non serve a nessuno. La commozione può e deve essere un motore per far cambiare le cose.
Non esistono le persone diversamente abili.
Siamo tutti DIVERSAMENTE NORMALI. E tutti, nel nostro piccolo e solo con uno sguardo, possiamo rendere più facile ed emozionante la corsa di qualcun altro.

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