Cosa mi ha insegnato la velocità

E poi venne il giorno. Il giorno più veloce del pianeta.
Dopo otto settimane di programma il Fastest Day On Earth non è più qualcosa da raggiungere e a cui aspirare: è realtà.
E per essere veloci, per dimostrare a se stessi di esserlo, bisogna confrontarsi su terreni dove la velocità è di casa.

Varcare la soglia di una pista di atletica – e una pista prestigiosa come il campo di XXV Aprile a Milano – ti mette addosso una sensazione strana. La pista richiede attenzione e concentrazione, esige rispetto e si comporta da Signora.
Perché gli atleti, e i velocisti in particolare, nascono e crescono in pista, e in pista devono dimostrare il loro valore.
La pista non mente. La pista mette ansia.
(che è un modo gentile per dire che me la stavo facendo sotto ;)

Appuntamento in una serata di fine estate, troppo calda e troppo popolata di zanzare.
Ma questi sono dettagli. Perché quando entri nell’impianto più medagliato d’Italia per l’atletica leggera, che da 30 anni alleva campioni e ai piedi del Monte Stella (la Montagnetta dei milanesi) il respiro sì si blocca. Non certo per l’umidità all’80%.
Davanti a me un anello azzurro che, complice il tramonto milanese, fa la sua porca figura.
Adesso sono costretta a fare sul serio!

Registrazione, qualche giro di riscaldamento e poi divisione in batterie.
E quasi senza accorgermene mi sono ritrovata sulla linea di partenza con regolamentare starter e pistola di ordinanza. Roba che ero già emozionata ancora prima di partire. E quando mai mi ricapita di far finta di essere una runner seria?

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Via! 4 giri di pista per essere #SoFast!
I primi 400 metri sono filati via lisci, con le mie scarpe incredule quanto me.
Il secondo e terzo giro di pista ho gestito, cercando di non guardare il cronometro. Troppa paura.
All’ultimo giro… Beh, all’ultimo giro non ricordo nemmeno di aver corso. Ho solo pensato a tutti gli allenamenti fatti, alle ripetute in salita, ai fartlek corsi sotto il sole e ad uno speciale lungo fatto in montagna. Quattrocento metri di pensieri tutti accavallati l’uno con l’altro.
E ho tagliato la linea d’arrivo.

Porto a casa un tempo di 8’03” sul miglio. A qualcuno potrà sembrare ridicolo (per intenderci Paola, la migliore della batteria, ha chiuso con 6’18”)
Per me è un successo.
In otto settimane ho migliorato di 50″ e ne vado orgogliosa!
Otto settimane di allenamento mi hanno insegnato che non importa quanto gli altri ti considerino veloce, conta solo quanto tu lo sei e quanto fortemente lo vuoi.

Velocità di azione e di pensiero prima che di gambe.
Essere #SoFast è uno stato mentale: è voglia di mettersi in gioco, porsi un obiettivo e non abbandonarlo fino a che non lo si è portato a termine. Crederci sempre, e sempre provarci.
E mai mollare. Perché è quando vedi la fine, quando la puoi quasi toccare, che diventi #SoFast come mai prima d’ora.

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