Puoi chiedere all’intelligenza artificiale di allenarti?

Una giornalista di MIT Technology Review ha chiesto a ChatGPT di farle un programma di allenamento per la maratona di Londra. Ecco come è andata

Quando pochi mesi fa a noi umani è stato presentato ChatGPT, l’istinto di molti è stato quello di metterlo alla prova. C’è chi ha chiesto le ricette dell’ossobuco alla milanese, chi si è fatto scrivere lettere di presentazioni, chi gli ha chiesto di riassumere testi lunghi e noiosi, chi si è fatto fare i compiti per casa. Le cose che sa fare sono davvero innumerabili, anche perché la sua sapienza (non saggezza, e lo capiremo poi) è basata sulle centinaia di milioni di pagine web e informazioni che gli sono state date in pasto. Quello che ha sorpreso molti è che con ChatGPT si può interagine e parlare, in modo molto molto simile a come si farebbe con un essere umano.

Qui però siamo su Runlovers e, come avrai capito dal titolo, parliamo di chi ha pensato che, visto che lui sa tutto e tutto gli si può chiedere, sarebbe stata un’ottima idea usarlo come coach e farsi fare un bel programma di allenamento. Come è andata?

Cos’è ChatGPT

Di cosa stiamo parlando? Se non sei stato su Marte in questi ultimi mesi avrai sicuramente sentito parlare di ChatGPT, uno strumento di Intelligenza Artificiale gratuito sviluppato da OpenAI. Se invece sai di cosa parliamo puoi saltare al paragrafo successivo :)

A cosa serve? Partiamo da come ci si interagisce: come una chat (da cui il nome) in cui si conversa, solo che in questo caso il tuo interlocutore è una macchina che però interagisce come un essere umano. A volte in modo assolutamente identico a un umano. Per capirci meglio con un paragone: quelli con cui interagisci normalmente quando chiedi informazioni su un volo o sul tuo abbonamento telefonico sono bot, cioè macchine istruite con un set di risposte standard alle domande più comuni. ChatGPT invece è dotato di un’intelligenza che gli permette di istruirsi leggendo in rete e di rielaborare e organizzare le informazioni in modo molto simile a un cervello umano. Restituendole su richiesta proprio come se ci fossero due umani che conversano (uno dei due, cioè tu, è effettivamente un umano).

ChatGPT è come Google? No: Google risponde a una richiesta fornendo una serie di link più o meno pertinenti e quello che ottieni è una lista di cose, mentre ChatGPT organizza le risposte con una pertinenza incredibile. Un esempio? Se a Google chiedi la ricetta per il risotto alla milanese, quello che otterrai è una serie di link a blog che ti dicono come farlo, ma molto probabilmente quello che ci troverai è una lista di articoli spesso preceduti da lunghe introduzioni sul come lo faceva la loro nonna e solo alla fine troverai la ricetta. Come ti risponde invece ChatGPT? In modo pertinente: se vuoi sapere come si fa il risotto alla milanese è probabile che non ti interessi niente della nonna di Carla e infatti lui va dritto al sodo: ingredienti e preparazione. Fine.

Capirai a questo punto che, sapendo che gli puoi chiedere di tutto, a molti è venuto in mente di chiedergli anche le cose più strane che mai avrebbe chiesto a un computer, tipo di proporgli un allenamento da seguire.

Ok ChatGPT, parliamone

Quando Rhiannon Williams ha saputo di essere stata accettata alla London Marathon, superate l’ansia e l’eccitazione iniziali, ha pensato che aveva bisogno di un programma per preparsi al meglio. Le alternative erano rivolgersi a un coach oppure fare qualcosa di apparentemente rischioso e folle: chiedere a ChatGPT di prepararglielo per lei.

Il primo tentativo le ha mostrato subito i limiti di questo strumento, e cioè le imprecisioni che a volte sono contenute nelle sue risposte. Una prima interrogazione infatti suggeriva che l’unico “lunghissimo” prima della gara fosse una 10 miglia: un po’ poche per essere considerate un lunghissimo. Allora ha deciso di dargli un’altra possibilità, formulando la richiesta riguardo a “un piano di allenamento di 16 settimane”. La risposta? Il lunghissimo questa volta è diventato di 19 miglia da correre il giorno prima, cioè poche meno della maratona stessa e soprattutto a ridosso della gara. Facile prevedere che, se avesse seguito quel consiglio, sarebbe arrivata esausta alla linea di partenza.

La sua esperienza si è interrotta qui ed è proseguita con un coach umano. Ma Williams non è stata l’unica a usare ChatGPT nel mondo dello sport.

Ci sono tiktoker che si sono fatti preparare da lui allenamenti in palestra e c’è anche chi per 15$ lo interroga per te e ti restituisce il risultato. Ma come – penserai – si fa pagare per un lavoro che non fa? Esatto, e c’è un motivo che forse ormai avrai intuito: la qualità della risposta non dipende solo da ChatGPT ma anche – e molto – da come viene interrogato, cioè dalla precisione con cui è formulata la domanda che gli si pone. È nata addirittura una nuova figura professionale: quella del prompter, ossia colui o colei in grado di ottenere il massimo dai sistemi di IA generativa grazie alla precisione delle richieste sottoposte.

I suoi limiti (per ora)

Insomma: a parte sembrare (molto) un essere umano, cosa dice ChatGPT è più interessante di come lo dice. Com’è alla fine?
È generico e noioso ma generalmente (abbastanza) corretto.
Non stabilisce un rapporto umano quindi può solo intuire (per quanto possa farlo un algoritmo) che tipo di persona ha di fronte ma non può generare un’esperienza, tantomeno l’esperienza che meglio si adatta ai singoli individui.

C’è per esempio chi richiede all’allenamento routine e prevedibilità, chi ama invece farsi stupire, chi vuole soffrire per percepire che sta funzionando e chi vuole solo divertirsi con un po’ di movimento leggero.

ChatGPT fornisce insomma informazioni standard. Se per esempio lo interroghi su qualsiasi argomento, le sue risposte sono abbastanza precise (a volte, specie se conosci bene l’argomento, ti rendi conto che commette errori ma comunque i suoi creatori mettono in guardia dalla potenziale inaccuratezza delle risposte) ma sono spesso di una noia mortale.

Almeno all’attuale stadio evolutivo, è un secchione che sa fare benissimo il suo mestiere ma che difficilmente ti stupirà per originalità. Del resto il suo tipo di intelligenza artificiale è definita “generativa”, nel senso che è in grado di produrre nuovi contenuti ma pur sempre basati su informazioni che ha desunto macinando milioni di pagine web.

Un altro aspetto da considerate – confermato dai suoi creatori – è che ChatGPT non è un bot che cerca le informazioni al tuo posto e te le presenta in forma quasi umana ma le rielabora in continuazione. Cosa significa? Significa che alla stessa domanda potrebbe rispondere in modi leggermente diversi, salvo che non gli si chieda quando è stata scoperta l’America e quanto fa 2+2, ovviamente. Inoltre, e sempre al suo stadio evolutivo attuale, non rielabora chat esistenti, ed è anche questo un motivo per cui può capitare che fornisca risposte lievemente diverse alle stesse domande. Diciamo che ha una prodigiosa memoria a lungo termine ma una pessima memoria a breve termine :)

L’AI testa anche noi

Gli usi più frequenti che si fanno oggi di sistemi come ChatGPT sono innumerevoli e ti rimando agli innumerevoli articoli scritti in questi mesi. Quello che è più interessante osservare è un altro aspetto: parlando di lui non bisogna trascurare noi, e cioè che le sue prestazioni sono in stretta relazione con chi lo interroga: quanto più e meglio sapremo interagire con l’IA – soprattutto mettendola al nostro servizio – tanto migliori saranno i risultati che ne otterremo.

Non chiediamoci insomma cosa l’IA può fare per noi né cosa possiamo fare noi per lei ma piuttosto chiediamoci cosa possiamo fare per farle fare quello che interessa faccia.

PS: inutile specificare che questo articolo non l’ha scritto ChatGPT, vero? Sai, ormai di questi tempi non si sa più cosa si trova in giro…

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