Chi fa sport è egoista (e pure nemico dell’economia)

Ciclisti e runner usano sempre meno l'auto. Con conseguenze catastrofiche per l'economia. O no?


  • Immagina che i ciclisti siano in grado di rovinare un intero sistema economico (ma funziona anche con i runner). Come potrebbe mai succedere?
  • Gli sportivi curano corpo e mente, sfidando modello economico consumistico: usano meno l’auto, gravano meno o affatto sugli ospedali ecc..
  • E se avessero trovato un nuovo, virtuoso punto di equilibrio del benessere fisico e mentale?

 

Potrebbe sembrare una provocazione e forse lo è, ma non è detto che le provocazioni non servano a qualcosa, e allora te la propongo. Non è nemmeno mia e anzi nasce da una storiella che si è rivelata essere una bufala. Ok, questo non è il modo migliore di iniziare un articolo ma resta ancora un attimo qui.

La storia

C’è il CEO di una qualche banca (non importa quale) che avrebbe detto che i ciclisti sono nemici dell’economia perché non comprano auto, e quindi non devono nemmeno comprare ricambi e, come se non bastasse, non comprano nemmeno benzina o polizze assicurative. Ehi, non è mica finita: siccome sono più in salute di chi usa l’auto per andare in ufficio (dove sta seduto) o per tornare a casa (dove torna a sedersi sulla sedia per mangiare o sul divano a guardare la TV) si ammalano anche meno, in alcuni casi mai, rendendo inutili gli ospedali e tutta l’economia che vi gira attorno.

Come detto, la storia è quasi sicuramente una bufala ma ogni bufala, soprattutto le migliori, funzionano perché contengono un briciolo di verità. Se questo CEO (che non esiste) fosse stato serio, avrebbe fatto un’analisi quantomeno avventata e poco sostenibile in termini matematici, statistici ed economici: per far collassare l’industria dell’auto, della sanità e delle assicurazioni tutte assieme ci vogliono milioni di persone che non si servono più dei prodotti o servizi che queste vendono e i ciclisti, per tanti che siano, non sono di certo la maggioranza della popolazione.

Il briciolo di verità è che, in scala molto ridotta, questa provocazione/storiella dice anche un’altra cosa: dice che buona parte dell’economia si basa sull’induzione al consumo di cose che non ti servono realmente. È il modello economico in cui ci troviamo che si sostiene solo se è costantemente in crescita, e cioè se riesce ad autoalimentarsi. E fosse solo questo il punto sarebbe già abbastanza ma non è solo così: se ci fai caso esistono dei meccanismi di persuasione più o meno esplicita che ti portano a pensare che se l’economia non va bene è anche un po’ colpa tua. Non consumi o non produci abbastanza per ricevere in cambio i soldi che ti servono ad acquistare altre cose. Per quale motivo? Beh, semplice: per continuare a far girare l’economia.

Maledetti ciclisti

Questa categoria non è stata scelta a caso. Ci sarebbe stata bene qualsiasi persona dedita allo sport e, quindi, a una vita molto più centrata sul movimento ma i ciclisti sono perfetti: sono appassionati del proprio strumento e spendono molti soldi per acquistarlo e metterlo a punto. Potrebbe sembrare che diano un contributo all’economia quindi, non trovi? In verità credo siano stati scelti proprio perché è più logico pensare che – fra tutti gli sportivi – siano quelli che spendono in proporzione di più, risultando quindi ancora più egoisti: una volta spesa una cifra importante non la ripeteranno a breve, saranno sempre più in salute e interromperanno il ciclo virtuoso (ma per molti versi vizioso) dell’economia. Quello che le chiede di girare sempre, e non importa per produrre cosa o per soddisfare quali bisogni. I ciclisti sono insomma un simbolo: sono il cattivo della storia, quello che interrompe le sorti progressive dello sviluppo economico. E non solo: sono un simbolo che rappresenta tutti gli sportivi in genere, cioè quelle persone che curano con il movimento lo spirito e il corpo e, così facendolo, raggiungono un’indipendenza da molte cose sulla cui produzione si basa buona parte dell’economia: le auto, gli ospedali, il petrolio, le assicurazioni.

E se l’egoismo a volte fosse buono?

Lo si potrebbe definire un atteggiamento egoistico: curare corpo e mente prima di tutto è certamente un modo per dare priorità a se stessi prima che agli altri ma questo discorso – apparentemente condivisibile e di buon senso – è mal posto.

L’egoismo di queste orrende persone (ciclisti e sportivi in generale) è tale – semmai – solo verso l’industria e l’economia ma non verso gli altri. Essere di buon umore, non ammalarsi o farlo raramente, essere ben disposti grazie al benessere interiore ed esteriore che lo sport dona non è egoismo. Egoismo è desiderare di possedere sempre di più (gratificarsi attraverso il possesso) e pensare di meritarselo ed è l’invidiare chi pensiamo abbia più di noi.

Servire un sistema che, per sopravvivere, deve crescere sempre di più è il meccanismo perverso in cui ci troviamo. Quello che fa affermare che, siccome anche la sanità è un’economia, allora è un buon segno se produce sempre di più (cioè se cura sempre più persone).

Il paradosso è che ci si ammala anche (non solo) perché si fa una vita poco o per niente attiva e non solo per sfortuna. La storiella dei ciclisti insomma rivela che si ha spesso il vizio di curare i sintomi e non le cause dei problemi di salute.

La tecnologia

Ho sentito una frase che mi ha fatto riflettere: “Abbiamo corpi che rispondono a istinti dell’uomo della pietra e una tecnologia di natura divina”. E se ci pensi è davvero così: la straordinaria tecnologia a cui abbiamo accesso oggi è usata da persone che vivono in corpi che vanno in stress perché si sentono costantemente oppressi o sotto pericolo.

Lo stress è nato biologicamente come meccanismo di difesa per fuggire ai predatori. Oggi che questi non ci sono più, continua a esistere ma viene attivato da altri fattori, molto spesso immaginati o che potrebbero essere controllati dalla mente. Abbiamo una tecnologia divina che non può funzionare su corpi e menti programmate per sopravvivere in ambienti molto ostili che oggi, semplicemente, sono scomparsi.

Allora serve qualcosa che armonizzi il tutto: qualcosa che calmi la mente e che prepari il corpo a sostenerla. Lo sport, appunto, cioè lo strumento che permette di raggiungere il perfetto punto di equilibrio fra la dimensione mentale e quella fisica.

La storiella del CEO non sarà vera ma dice qualcosa che concettualmente lo è: non che i ciclisti sono pessimi consumatori e che rovineranno l’economia ma piuttosto che esiste un’armonia possibile Succede quando le persone sono in pace con se stesse e quindi anche con gli altri. Succede quando la priorità non è alimentare solo il ciclo economico ma lasciarlo a produrre semmai solo strumenti e prodotti fatti per l’umanità. Oggi in molti casi è l’umanità che si sente costretta a lavorare per l’economia e non viceversa.

E poi i ciclisti li conosci no? Di soldi ne spendono comunque tanti: come dice Aldo Rock, “I triatleti sono quelli che sul tetto di un’utilitaria hanno montata una bici che costa molto di più della macchina stessa”. Loro si impegnano pure a far girare l’economia e anche chi corre fa altrettanto: il fatto è che l’economia che fanno girare è quella che serve a loro (e a noi), non quella che dovrebbero servire perché così vanno le cose e bisogna comunque produrre. Perché alla fine quali sono i bisogni davvero importanti? Stare bene, innanzitutto. Pedalando o correndo.

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