Non essere vittima del programma di allenamento

Il programma di allenamento ti indica una direzione ma deve essere adattabile, perché la vita si mette sempre in mezzo


  • Coniugare vita, lavoro, famiglia e sport è un equilibrio difficile da mantenere, spesso compromettendo almeno uno di questi aspetti.
  • La “work-life balance” evidenzia che uno tra lavoro e vita privata spesso prende il sopravvento, causando uno squilibrio.
  • L’equilibrio non è statico, ma un processo continuo di adattamento e correzione, simile all’allenamento sportivo.

 

Chi si allena conosce benissimo la difficoltà di coniugare vita, lavoro, famiglia, sport. Non è un caso che ci si riferisca a tutti questi aspetti dell’esistenza come a un insieme legato da un equilibrio che molto spesso (quasi sempre) non è per niente equilibrato.
Se anche tu conosci questa sensazione, sai benissimo da cosa è originata: far coesistere i diversi aspetti della vita non è quasi mai facile e uno o più di questi finisce sempre per soffrirne.

Inglesi e americani la chiamano “work-life balance”, a identificare almeno due degli aspetti preponderanti della vita di molte persone: quelli cioè del lavoro e della vita privata, che sia poi individuale o in famiglia. In genere uno dei due ambiti prende il sopravvento per diversi motivi, e l’altro finisce per soffrirne o annullarsi, creando uno scompenso.

Molte persone che hanno successo e soddisfazioni al lavoro per esempio non hanno vite familiari perfette e viceversa. Sembra che si debba insomma sempre accettare un compromesso: o l’uno o l’altro, e mai entrambi assieme, a meno di accettarne le rispettive versioni medie: una vita intima mediamente soddisfacente e un lavoro dignitoso, ma niente di particolare.

L’inganno della parola

“Equilibrio” è una parola indiscutibilmente positiva, non trovi? Cosa può esserci di sbagliato in qualcosa che è bilanciato? Iniziamo invece a pensare che proprio la sua perfezione nasconda l’insidia.

Anche nella vita degli sportivi c’è qualcosa che ben rappresenta l’equilibrio. È bilanciato e calcolato al millimetro: è il programma di allenamento, così preciso e chiaro da convincerti che basti rispettarlo per ottenere risultati. Basta seguirlo e tutto andrà per il verso giusto, no?

Se hai fatto gare e non sono andate come pensavi o speravi sai già di cosa parliamo: rispettare un programma non significa garantirsi un risultato assicurato. Non siamo macchine e la vita ci riserva sempre qualcosa che è al di fuori del nostro controllo: una gastroenterite il giorno della gara, uno stiramento muscolare, un tempo infame che manda a monte tutti i nostri programmi.
È in momenti del genere che capisci che il programma è perfetto. In teoria.

La pratica è sempre un’altra cosa: la pratica è quella dimensione reale in cui puoi decidere cosa fare ma soprattutto devi decidere **come reagire**, specialmente alle condizioni avverse.

L’equilibrio non è statico

Il problema è che pensiamo che trovare il punto di equilibrio fra vita, lavoro e sport significhi restare fermi in una posizione difficilissima da mantenere ma, appunto, in equilibrio. Un po’ come i ballerini classici che si mantengono sulla punta dei piedi e sorridono. Sappiamo che fanno uno sforzo immane ma ne riescono pure a sorridere, o comunque a non far trasparire alcuna fatica.

Il fatto è che di quel gesto vediamo solo la conclusione e pensiamo che la sua magia sia rappresentata da quel breve istante in cui paiono immobili. Quello che si trascura è ciò che lo ha preceduto e ciò che lo segue: ogni punto di equilibrio è l’esito di un movimento preciso in cui gli sforzi si compensano, si aggiungono, si sottraggono. Il punto di equilibrio è l’esito ed è statico ma il movimento che l’ha realizzato è dinamico.

Ok, ma tutto ciò come si traduce nella vita quotidiana? Non dobbiamo mica stare sulle punte dei piedi lavorando o a casa, no? Non in senso letterale ma in senso figurato, sì.
Quello che vogliamo dire è che l’equilibrio è un processo continuamente in evoluzione: sono richieste continue correzioni e cambiamenti di assetto. Il programma di allenamento è la teoria ma la pratica è la vita reale.

Meno frustrazioni

Attenersi al programma in maniera inflessibile ha anche un altro lato negativo: qualora tu non ci riesca per qualsiasi motivo ne ricaverai frustrazione. Se per qualche accidente non riesci ad allenarti o l’appuntamento col dentista ti sballa le ripetute per una settimana, tutto sembra franare.

Cercavi l’equilibrio e per raggiungerlo avevi scelto un programma. Ora devi ammettere di non averlo rispettato e provi la frustrazione e il nervosismo che ne derivano.
Non sei in equilibrio, anzi: sei dalla parte opposta.

Se intendi il programma come le Tavole della Legge non può che essere così: hai sgarrato (che dipenda o meno da te poco conta a questo punto) e ti sei condannato. Non otterrai i risultati sperati.
Se invece lo consideri come un insieme di indicazioni che ti indirizzano sulla strada giusta, ogni piccola o grande deviazione non ti distrarrà più dalla destinazione. Saltare un allenamento non sarà la fine di tutto ma solo un inciampo che potrai recuperare in un altro momento.
Per riuscirci devi avere una visione il più possibile complessiva: devi valutare l’insieme delle tue azioni e devi capire in che fase della preparazione sei. Cosa puoi posticipare? Cosa puoi evitare? Cosa puoi recuperare in un secondo momento?

Per riuscirci serve la consapevolezza di ciò che stai facendo e anche una certa capacità di adattamento: il programma è una materia fluida che puoi plasmare a seconda delle necessità.
Ricordi? L’equilibrio è sempre dinamico, e il momento in cui le forze sono ferme e stabili dura pochissimo.

Il momento di equilibrio è quando tagli il traguardo e puoi valutare davvero l’esito della preparazione. Ci sei arrivato correndo e te ne allontani camminando. Magari pensando già a come rimettere tutto in moto. Con un programma diverso, alla ricerca di un altro equilibrio.

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