Siamo ancora nell’era del carbonio?


  • Il mercato sta registrando un’inversione di tendenza nella diffusione delle scarpe con piastra di carbonio.
  • Studi contrastanti si chiedono quale sia l’effetto delle scarpe con questa soluzione sulla prestazione e sul rischio di infortuni.

 

Negli ultimi anni ci siamo abituati a vedere una corsa nella corsa, quella dei produttori di scarpe che hanno tentato – riuscendoci, in molti casi – di produrre scarpe con la piastra di carbonio (o soluzioni simili) strizzando l’occhio a quella che è un’esigenza di molti runner: correre più veloci e meglio.

La ricerca in questo campo ha portato risultati incredibili, contribuendo in maniera significativa anche al miglioramento di diversi record mondiali. L’esempio più lampante e che tutti noi conosciamo è il record del mondo di Eliud Kipchoge in maratona, ottenuto con le stesse scarpe con cui ha corso per la prima volta nella storia dell’uomo – e unica, per ora – la distanza regina in meno di due ore.

Se all’inizio veniva mossa una critica feroce verso questo espediente tecnologico, in grado di fornire un supporto maggiore in termini di efficienza e di prestazione, la sua diffusione e la produzione di almeno un modello con la piastra da parte di quasi tutti i produttori di scarpe da corsa ha reso la presenza del carbonio quasi scontata, e non c’è più nessuno che addita chi utilizza queste scarpe come “uno che vuole barare”.

Si è ridotto moltissimo, come è normale che sia quando qualcosa si inizia a diffondere, il costo di questo tipo di scarpa e la piastra di carbonio è stata inserita – con le sue molte varianti – anche nelle scarpe da allenamento quotidiano o quasi, staccandosi da quell’etichetta elitaria che aveva avuto per i primi anni. Si è diffusa talmente tanto che ad alcuni è sembrata una diffusione eccessiva, e ora sembra quasi che ci sia una inversione di tendenza rispetto al passato, con incrementi di vendite per le scarpe più “tradizionali” e la comparsa di tanti aggiornamenti a modelli ben consolidati che non hanno fatto il salto verso il carbonio.

Due più due non sempre fa quattro

A questa inversione di tendenza sembrano contribuire diversi fattori. C’è da prendere in considerazione  quello che è l’aspetto su cui si è dibattuto a lungo – e si continuerà di sicuro a farlo – sugli aspetti benefici o meno dell’utilizzare questo tipo di scarpa. Sono ormai centinaia gli studi indipendenti in cui vengono messe in comparazione scarpe con la piastra di carbonio e scarpe tradizionali, per valutare non soltanto la differenza in termini prestazionali (accertata e ormai dato di fatto per i modelli proposti da tutte le case) ma anche la possibilità di incorrere in infortuni in modo minore. Questo, infatti, è un lato del carbonio tutt’altro che chiaro e gli studi concordano soltanto sul fatto che gli atleti che corrono con una tecnica di corsa ottimale riducono effettivamente le possibilità di infortunarsi, mentre sembrerebbero restare uguali le percentuali di infortuni di quelli che hanno tecniche di corsa migliorabili.

Il maggior costo per l’incremento prestazionale quindi, non si riflette – almeno per l’amatore comune – anche in una maggior sicurezza da questo punto di vista. A queste considerazioni si aggiunge il fatto che lo sviluppo di nuove mescole per l’ intersuola ha portato un grande miglioramento prestazionale delle scarpe tradizionali, con le cosiddette super trainer che hanno preso in mano il mercato e – soprattutto per l’amatore medio – sono diventate anche le scarpe da utilizzare in gara.

Dove andremo a finire?

È forse ancora presto per avere chiare le idee su una cosa tanto variabile come può essere il mercato delle scarpe da running, su cui nemmeno le ricerche di mercato più accurate possono fare previsioni accurate. Oltre al fattore costo e al fattore usabilità entrano infatti le annose questioni stilistiche, perché – diciamolo – se le scarpe sono belle oltre che comode ci piacciono di più e siamo disposti a spendere qualcosa in più. D’altronde non bisogna dimenticare che la prima regola del marketing è “purché se ne parli”. E del carbonio nelle suole delle scarpe, in tutte le sue varianti, ne sentiremo di sicuro parlare – e scrivere – ancora.

Bibliografia parziale:

Adding carbon fiber to shoe soles may not improve running economy: A muscle-level explanation, di Beck et al., 2020
Effects of running shoe construction on performance in long distance running, di Nigg et al., 2020
A Pragmatic Approach to Resolving Technological Unfairness: the Case of Nike’s Vaporfly and Alphafly Running Footwear, di Dyer, 2020
Effects of footwear with different longitudinal bending stiffness on biomechanical characteristics and muscular mechanics of lower limbs in adolescent runners, di Chen et al., 2022
Longitudinal bending stiffness does not affect running economy in Nike Vaporfly Shoes, di Healey & Hoogkamer, 2022

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